domenica 29 maggio 2016

Di A. e della sua arte addosso. Per sempre



Saranno stati quasi dieci anni fa. E io ricordo ancora perfettamente quando mi sono imbattuta nei tuoi disegni addosso a qualcuno per la prima volta.
Gianni, il mio fidanzato dell'epoca con il quale vivevo un bell'amore profondo e spensierato, sapeva della mia neonata passione per i tatuaggi e - a seguito della mia intenzione di accrescere il numero dei miei ghirigori - mi aveva fatto notare la precisione e la cura con cui erano stati realizzati ricami di ispirazione giapponese sulle braccia del suo amico e collega I. (abbreviazione di un terzo di cognome), che - se la memoria non mi frega - partiva da Magenta per raggiungerti in studio a Monza.

Prima di farti visita e prendere coraggio per telefonarti, mi ero improvvisata investigatore privato e chiedevo a chiunque fosse tatuato se ti conoscesse, e quando avevo la fortuna di imbattermi in qualcuno che ti portava in bella mostra su di sé, mi ritrovavo ad immaginarti attraverso chi ti conosceva già e per te nutriva ammirazione e rispetto.

Ricordo ancora la prima telefonata in studio, prima di prendere appuntamento per venire a mostrarti la foto di un fiore di cactus, e ricordo ancora meglio la soggezione che ho provato di fronte a te e alla tua diffidenza scrupolosa, alla tua parlata scazzata, al fatto che stessi per gettare la spugna prima ancora di venirti a trovare, immagonita dalla tua freddezza al telefono, che proprio non mi aspettavo. Ma io mica lo sapevo che ricevevi ennemila telefonate al giorno, mica mi passava per la mente che oltre a chi si fa tatuare per davvero, c'è una costellazione di indecisi, insicuri, rognosi e fanfaroni che ti assillavano (e forse assillano) prima, dopo e durante il lavoro.

Ricordo i miei occhi sgranati di fronte alle pareti del tuo studio così piene di riconoscimenti e ricordo quanto fossi incredula all'idea di essere proprio lì, davanti a te, timorosa di sembrarti una rincoglionita o anche solo una che non avesse niente da dire, con la mia pelle quasi ancora del tutto candida come mamma Angela l'aveva fatta. Ricordo persino quanto desiderassi starti anche solo un po' simpatica, simpatica a sufficienza per farmi fissare un appuntamento e avere finalmente un tatuaggio che sapevo sarebbe stato unico e meraviglioso, degno di un ricordo così importante.

Erano tempi in cui, per riuscire a farsi ricamare dalle tue mani, bisognava aspettare mesi, se andava di culo erano un paio, erano tempi in cui un tatuaggio per me era un'autentica trasgressione, una rivoluzione, significati ben lontani dal bisogno quasi fisiologico - consolidato anno dopo anno - di fermare un pezzo di storia della mia vita: perché è così che vivo i segni del passaggio degli aghi intrisi di colore che mi faccio infilare sotto pelle.

Ricordo quando mi hai chiesto se fossi sicura della posizione che avevo scelto, perché era molto visibile, perché richiedeva determinazione e sicurezza, e non hai esitato a ricordarmi che mi avrebbe potuto creare problemi sul lavoro. Ricordo il tuo accenno di sorriso quando ti ho spiegato il perché quel fiore, con appoggiata sopra una farfalla, fosse così imprescindibile dall'interno del mio avambraccio: perché era lì che sentivo la pressione del braccio flebile della mia nonna nelle notti che hanno preceduto quella del nostro addio. E ricordo che poi, improvvisamente, hai sorriso, lasciando andare almeno una manciatina di riserve nei miei confronti.

Sono trascorsi quasi dieci anni da quel primo sigillo d'amore, e sopra il letto, in camera mia c'è ancora la foto delle tue mani al lavoro (il primo di ogni singolo altro lavoro che da quel momento in poi soltanto tu hai impresso su di me) e la mia mano che accompagna quella della mia nonnina. Ormai ho perso il conto delle bestioline, delle parole, dei simboli, dei fiori e dei frutti che mi hai regalato nel per sempre della mia stessa vita. Ed è anche per questo che ti ho così a cuore.



Il tempo è trascorso e come direbbe Alda Merini "E fiorita son tutta"  grazie ai tuoi ricami e alle tue incisioni. Di recente siamo persino passate dal "Lei" al "tu", dalle strette di mano agli abbracci lunghi e stretti, abbracci per salutarsi, abbracci per infondere forza, abbracci per consolare, i tuoi, e per ognuno di loro ti sono riconoscente. Quando sono più fragile, quando mi verrebbe da rognare, riascolto la tua voce, e non passa quasi giorno senza che tu non scelga di esserci anche solo un cenno, una parola atta a sussurrare la tua presenza sempre graziosa, sempre riservata, sempre generosa. Le tue parole mi hanno segnata, così come il tuo portarmi a riflessioni disincantate eppure necessarie per ricominciare a vivere e lasciare alle spalle quel recente dolore "pari ad un lutto" che ancora mi fa zoppicare, che ancora mi rende incredula, che ancora devo imparare ad accettare.

E mentre guardo il tuo capolavoro sul mio braccio,  nato nemmeno due giorni fa e mentre lo stesso capolavoro - soltanto un filino più puzzolente - dorme acciambellato ai miei piedi, ho bisogno di congedarmi dal tuo Taboo Tattoo attraverso queste parole, forse confusionarie, ma piene di emozioni che ti appartengono e che vorrei ti raggiungessero.

Mi congedo dal tuo studio, ma da lui soltanto, con la stessa pesantezza di cuore che lascia un libro incredibile che devi necessariamente chiudere perché giunto alla fine delle sue parole. Ma ho una libreria zeppa di nuovi libri che mi aspettano, e uno di questi parla di zampine di micette, un altro di una casa che è fatta di sogni, sacrifici e ostinazione dalle cui finestre si scorgono piante dai frutti antichi, un altro ancora è un giallo in cui viene persino svelato il mistero delle consegne di Amazon a novecento metri di altezza montanara, e poi c'è in una raccolta c'è un racconto che parla di un cagnolino buono e nero che sogna una passeggiata su prati che non ha ancora mai visto, ma che in compagnia della sua Zia, diventerebbero di certo un vero e proprio incanto.

Grazie. 
Per tutto quello che è stato, per tutto quello che oggi è, per tutto quello che aspetto e che non vedo l'ora che ancora sia.




2 commenti:

  1. Splendido! Anch'io a breve aggiungerò due ghirigori all'unico che - per ora - mi adorna una caviglia... e uno dei due è dedicato al mio micione bianco che non c'è più, ma che vive comunque nel cuore e nei ricordi (e tu ne sai qualcosa...). <3

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    1. Negli ultimi anni, mi sa che ci sono andata pesante con questo amore incontrollabile per ago e inchiostro, eppure amo ogni singolo segno sulla mia pelle, da quello più prezioso a quello riuscito meno bene, amo persino quello che mi sono fatta per niente. Fammi vedere i tuoi nuovi ghirigori appena li fai! ♡

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