lunedì 24 agosto 2015

Della torta paesana sbronza

Venerdì sera abbiamo avuto a cena una coppia di carissimi amici di M. e per l'occasione ho deciso di preparare un menù in cui mi sento parecchio forte e soprattutto adatto ad una vera tavolata di motociclisti: messicano!

Pico de Gallo, Guacamole, Fajita, Chili,Tortilla, Nachos, delizie che mettono alla prova in modo tanto goloso quanto sfiancante palato e stomaco, un'avventura gastronomica volta all'appagamento dei sensi e al ko tecnico a panza piena, ma che cosa abbinare come dolce? Frutta? Gelato? Nah, non sarebbe da me optare per qualcosa di light e salutare: se si deve peccare è meglio farlo a regola d'arte, inoltre le temperature che ammiccano all'autunno, mi hanno indotta all'accensione del forno a cuor leggero.

Reduce dall'ultima torta fallimentare non volevo ripetere un nuovo scempio, ma allo stesso tempo ho ritenuto di poter osare con un accostamento insolito, profondamente lombardo, assolutamente imprescindibile dalle tavole della Brianza: la torta paesana. L'ispirazione me l'ha data una monoporzione che ho acquistato in panetteria, dopo aver scoperto che da queste parti l'inizio della condivisione di questo dolce coincide con i festeggiamenti per il Ferragosto.

Premesso che la torta paesana (o torta dei poveri o torta di pane) sia uno dei miei dolci preferiti - che gode come pochi altri della mia devozione più assoluta - è un dessert ruffiano in quanto la sua preparazione bonaria - ben lontana dalle pretese di meticolosità da pasticceria - è caratterizzata da una selezione di ingredienti caratteristici di base e aggiunte che cambiano di casa in casa e di cuoca in cuoca.

La mia personale sperimentazione ha voluto che aggiungessi all'impasto una generosa dose di Rum Pampero e Tequila Sauza e da qui è nata la definizione sbronza. Ve l'assicuro: effetto WOW assicurato.

Torta Paesana Sbronza
Bikers approved

torta paesana torta dei poveri torta di pane
Torta paesana sbronza

Per una tortiera media:

mezzo litro di latte
due grossi panini raffermi
un cucchiaio da minestra di burro
1 uovo intero,
50 grammi di amaretti
una manciata di uvetta (non occorre ammollo)
due cucchiai colmi di cacao amaro
una stecca di cioccolato fondente amaro tritato al coltello
cacao amaro
mezzo bicchiere da tavola di zucchero
un bicchiere da tavola di Tequila e uno di Rum
pinoli
burro per la teglia

torta paesana torta dei poveri torta di pane

Mettete in una ciotola il pane con il latte e scaldate al microonde (o a fiamma dolce in un pentolino) fino a quando il latte non sarà così caldo da ammorbidire il pane. Lasciate intiepidire. Una volta raffreddato mescolate bene con un cucchiaio di legno fino a quando il pane si ridurrà ad una poltiglia. Sbattete l'uovo, incorporatelo al pane con il latte e mescolate ancora. Aggiungete ora tutti gli altri ingredienti tranne i pinoli e mescolate a lungo così da non si creino grumi. Il risultato deve essere morbido, una sorta di crema. Ora imburrate la tortiera e versateci l'impasto. Cospargete la superficie di pinoli. Cuocete a 180 gradi per circa un'ora o fino a quando i bordi si staccano dalla tortiera. Ricordatevi che si addenserà in fase di raffreddamento. la torta rende al meglio a temperatura ambiente e il giorno seguente a quello della preparazione.

tequila

Song of the day: The Champs - Tequila

venerdì 21 agosto 2015

Della migliore delle torte

torta di pesche e mele


La sensazione più gradevole che provo nelle ultime mattine è svegliarmi e sentire freddo, rannicchiarmi nel plaid blu a stelle e indugiare ancora nel letto. È questa l'estate che preferisco, quella delle giornate calde che trovano pace verso sera, quella che ti permette di vivere pimpante e che immagonisce - seppur in modo lieve - quando il buio arriva sempre un po' prima e inizia a farti assaporare l'autunno che scalpita di foglie secche, pozzanghere, bimbi con zaino e grembiulino, trasmissioni demenziali in tv e colori caldi.

Ho qualche difficoltà a dormire perchè le preoccupazioni, una manciata di paure e le troppe scadenze mi avviliscono; mi basta avere degli orari sballati un paio di giorni per subirne le conseguenze per il resto della settimana. Mi sento in parte sconfitta, in parte anestetizzata ad alcune mancanze  - quella di prospettive e buoni propositi in primis - e subisco i miei stati d'animo più fragili e precari in modo impattante, in modo inaspettatamente feroce.

E non vorrei che fosse così.

Ho dovuto prendere atto dell'amarezza inflitta dai fallimenti, della natura sgraziata di ciò che ferisce mortificando, dell'errore che ho compiuto a dedicare me stessa e il mio tempo a chi attrae folle mentendo, a chi finge drammi mai subiti, a chi parla sempre e solo in prima persona, a chi si arroga il diritto di trattarti come una comproprietà e si accanisce per capriccio, usandoti come pretesto per godere del privilegio di avere qualcuno di cui (s)parlare.
Faccio spallucce, c'est la vie, cos'ho perso?

Praticamente niente, abitanti di un paesello immaginario, radunati a portare in processione santi e madonne non per devozione, ma per far baldoria ad una sagra di dubbio gusto. Devi far parte del branco, ma io da sempre ballo e corro da sola e ci sono decaloghi in calce ai quali non metterò mai il mio nome.

Non tutte le ciambelle riescono col buco, non tutti gli impasti - anche quelli più meticolosi e dall'aspetto più invitante - diventano poi una bella torta.
Cosa devo imparare allora?
Devo dedicarmi all'accettazione di ciò che non posso cambiare, devo abbandonare la pretesa di indulgenza da parte di chi ne esige guardandosi bene dal darne, devo comprendere la differenza tra sbaglio, errore, crimine e colpa evitando di crocifiggere solo e soltanto me stessa e chi amo.
Nel corso dell'ultimo anno ho scoperto che il bisogno di sopravvivenza può rendere cinici, spietati, ciechi. Ho provato diffidenza e scetticismo immediati nei confronti di alcuni e non mi sono sbagliata.
Sono stata invece travolta da un bene assoluto e indissolubile che Altri non mi hanno negato anche quando era assurdo e apparentemente insensato concedermene.
Ho sbagliato, ho subito degli sbagli e ho scelto di non gettare la spugna, di lottare contro tutto e tutti pur di inseguire un sogno nel quale ero rimasta l'unica a credere. E oggi posso dire che nell'apparente scelleratezza dell'insensato vi era una profonda ragione che meritava ognuna delle sue speranze, meritava un miracolo, meritava di non spegnersi.
Ancora provo imbarazzo, fatico a farmi viva con spontaneità e naturalezza. Non mi fido, tengo per me ogni dettaglio perché non so reggere i giudizi approssimativi così come nuovi errori di (soprav)valutazione. Coltivo pochi rapporti preziosi che hanno saputo proseguire con genuinità, ma sono ben cosciente di aver chiesto tutto e di essere ora in debito.

Alcuni mi danno la nausea.
Alcuni non mi danno pace.
Alcuni mi danno sui nervi.
Alcuni, boh, chi cazzo li ha mai capiti.


Una torta che non riesce non è un fallimento, non è che un tentativo andato a vuoto: e non ha senso morirne. Qualcosa nato da uno slancio può anche non durare, può finire, può non avere più motivo di esistere. Allora è negli sbagli che si nascondono gli insegnamenti più sinceri capaci di marcare - nel bene e nel male - per la vita intera.

Allora è proprio questa la mia torta più preziosa, quella che mi ha fatta sentire incapace, imbranata, fallita e sconfitta, quella che ho soltanto assaggiato prima di gettarla senza esitazione, quella che non ho potuto né condividere né donare, quella che ha ridimensionato la mia vanità, le mie certezze, ciò che davo per scontato e che sapevo fare come pochi.

La migliore delle torte è quella la cui fotografia non è mai stata eliminata. Quella bruciata attorno ai bordi, cruda e molle al centro e impossibile da disporre in un piatto senza perdere tutta la parte superiore rimasta attaccata al coperchio. Quella boicottata da quello stesso bastardo di forno che ho elogiato proprio pochi giorni fa, quella che profumava come un bel sogno e che mi ha tramortita come farebbe la brutta notizia che non immagineresti mai di ricevere.

Adesso vorrei solo imparare a ripristinare la speranza, liberarmi del male allo stomaco più molesto, arrogarmi il diritto di vivere con maggiore quiete, equilibrio e armonia; ricominciare a costruire qualcosa di solido, duraturo, qualcosa che mi renda fiera e col cuore colmo di gioia: perché sono stanca fino a sentirmi esausta. Ed è quasi settembre, il solito maledetto inizio dell'anno, fradicio di aspettative, necessità, possibilità e bisogni.



Di Johnny Cash

I love you because my heart is lighter
Every time I'm walking by your side
I love you because the future's brighter
But most of all I love you 'cause you're YOU

mercoledì 19 agosto 2015

Delle melanzane ripiene di Nonna Elisabetta e di quelle di Nonna Amelia

Ci sono piatti che dovrebbero preparare solo ed esclusivamente le nonne, pietanze che sanno di famiglia, di feste, di casa e di infanzia. Alle nonne dovrebbe essere negato il diritto di spegnersi, quello di andarsene, quello di lasciare in noi un vuoto insanabile e crudele.

Preparare le melanzane ripiene è pensare alla mia nonna, è portarla in casa mia, è chiederle scusa per i due piani di scalini irregolari, è farla sedere e chiederle come le sembra questa casa tutta strana, se le piace il nostro cagnolino, se sono troppi i tatuaggi che ho addosso o se me lo darebbe ancora un bacino sulla luna che ho dietro la schiena, come faceva dopo essermi ammalata.
Chissà come le sembrerei ora che lo scorrere del tempo travolge anche me, la sua bambina.
Chissà se è almeno un po' felice di me, ora che io non sono esattamente quello che mi aspettavo di essere e di diventare.

Tutto questo può solo avvenire nei sogni, nei sospiri, ma ritrovarla asciugando qualche lacrima è soltanto felicità del privilegio di averla vissuta, amata e stretta a me fino all'ultimo istante della sua esistenza. 

Mi manca, Dio se mi manca, e per ritrovarla devo cucinare, devo cercare i suoi profumi e sapori nella cassettiera dei ricordi che ho tra sterno e pancia, devo ritornare alla casa di via Tolstoj, al pranzo di mezzogiorno e un quarto, aspettando gli zii, guardando prima Bis di Mike Bongiorno poi Il pranzo è servito di Corrado, maledicendo le due meno un quarto che significavano il ritorno della mia mamma in fonderia. Che salto nel passato, che sensazioni frastornanti eppure mi fa bene rimanere ad annaspare nel passato dai colori pastello, quello dell'infanzia.

Mi dilungo, ci metto troppo ad iniziare a scrivervi la ricetta, ma questo non è più un semplice archivio di cucina, qui ho spazio per me, per tutto quello che ho bisogno di lasciare andare.

Ieri sera a cena di nonne in casa ce n'erano due, perché ogni nonna ha le sue ricette speciali e ieri ho voluto che il mio M.o ritrovasse (anche solo per un attimo) la sua Nonna Amelia che partendo dalla tradizione della cucina napoletana, gli proponeva delle melanzane ripiene inconsapevolmente vegan, buone da morire.

melanzane ripiene vegan


Le melanzane ripiene di carne della Nonna Elisabetta

2 melanzane
150 g di carne macinata per sugo
1 uovo
pane raffermo
2 cucchiai parmigiano grattugiato
1 cucchiai di formaggio pecorino
sugo di pomodoro e basilico
aglio
olio evo

Per prima cosa ho messo su un sughetto di pomodoro al basilico veloce, mettendo a crudo della cipolla tritata, una latta di pelati, due spicchi di aglio interi, qualche foglia di basilico, un paio di bicchieri d'acqua e del sale. Ho lasciato cuocere il sugo per più di mezz'ora, perché io cucino - e ne vado immensamente fiera - alla terrona maniera, quindi un sugo veloce ha almeno quasi un'ora da trascorrere sul fornello.
Ho lavato e asciugato le melanzane tagliandole a metà longitudinalmente e le ho scavate con un cucchiaio facendo attenzione a non romperle. Ho preso la polpa delle melanzane - che servirà per il ripieno - l'ho ridotta ad una dadolata grossolana e ho cosparso scorze e polpa di sale grosso lasciando che perdessero l'amaro per una ventina di minuti. trascorso questo tempo le ho sciacquate e lessate in acqua bollente leggermente salata e la stessa cosa l'ho fatta con la polpa, ovviamente, tenendo tutto separato, secondo questi tempi: 4 minuti di bollore per le scorze, 5 minuti per la polpa.

Ho preso una padella e ho messo a bollire dell'olio di semi vari, ho fritto prima le scorze e poi la polpa, mettendo tutto ad asciugare su della carta assorbente. Non buttate l'olio perché vi servirà per la seconda frittura.

In un'altra padellina ho versato un filo d'olio, ho aggiunto la carne macinata lasciandola cuocere per pochi minuti e ho unito la polpa di melanzane affinchè carne e polpa si insaporissero reciprocamente. ho lasciato raffreddare.

Ho bagnato il pane raffermo in un poco di acqua tiepida, l'ho strizzata a due mani e sbriciolata, mettendola in una ciotola nella quale ho aggiunto l'uovo, uno spicchio di aglio finemente tritato e i formaggi grattugiati. Ho poi aggiunto carne e polpa quando erano tiepidi, amalgamando il ripieno in modo accurato.

Ho farcito le melanzane con cucchiaiate generose di ripieno e con l'aiuto delle mani le ho compattate in modo tale che la farcia non sporgesse troppo dalla scorza. Ho fritto nuovamente le melanzane per pochi minuti con il ripieno rivolto verso il fondo della padella.

Ho disposto le melanzane in una pirofila in vetro, le ho irrorate con del sugo di pomodoro e ho infornato a 200° fino a quando non si sono dorate.


Le melanzane ripiene vegan della Nonna Amelia


2 melanzane

un grosso panino raffermo
olive nere o taggiasche
capperi dissalati
basilico in foglie
sugo di pomodoro e basilico ( pelati, aglio, basilico, olio evo, acqua e sale)
aglio
olio per friggere

(Copierò alcuni passaggi della ricetta qui sopra affinchè vegan e vegetariani possano avere una ricetta esaustiva senza continui rimandi alla precedente).

Per prima cosa ho messo su un sughetto di pomodoro al basilico veloce, mettendo a crudo della cipolla tritata, una latta di pelati, due spicchi di aglio interi, qualche foglia di basilico, un paio di bicchieri d'acqua e del sale. Ho lasciato cuocere il sugo per più di mezz'ora, perché io cucino - e ne vado immensamente fiera - alla terrona maniera, quindi un sugo veloce ha almeno quasi un'ora da trascorrere sul fornello.
Ho lavato e asciugato le melanzane tagliandole a metà longitudinalmente e le ho scavate con un cucchiaio facendo attenzione a non romperle. Ho preso la polpa delle melanzane - che servirà per il ripieno - l'ho ridotta ad una dadolata grossolana e ho cosparso scorze e polpa di sale grosso lasciando che perdessero l'amaro per una ventina di minuti. trascorso questo tempo le ho sciacquate e lessate in acqua bollente leggermente salata e la stessa cosa l'ho fatta con la polpa, ovviamente, tenendo tutto separato, secondo questi tempi: 4 minuti di bollore per le scorze, 5 minuti per la polpa.

Ho preso una padella e ho messo a bollire dell'olio di semi vari, ho fritto prima le scorze e poi la polpa, mettendo tutto ad asciugare su della carta assorbente.

Ho bagnato il pane raffermo in un poco di acqua tiepida, l'ho strizzata a due mani e sbriciolata, l'ho passata in padella con la dadolata di melanzane, i capperi, le olive, del basilico spezzettato e un paio di cucchiaiate di sugo di pomodoro.

Ho farcito le melanzane con cucchiaiate generose di ripieno, e con le mani ho premuto affinché si compattassero bene.

Ho disposto le melanzane in una pirofila in vetro, le ho irrorate con del sugo di pomodoro e ho infornato a 200° fino a quando non si sono dorate.


Nel giorno in cui festeggiavamo 86 piccole candeline. Mi manchi.


My Body's Acing From Laying In This BedI Went Singing In The Rain And The Cold Got To My HeadI Don't Know Who's Paying I Just Know What The Doctor Said84 Years Of A Sinning Life And In The Morning I'll Be Dead
Saint Peter Won't You Open Up The Big White GateCause I Heard About Forgiveness And I Hope It Ain't Too LateI Ain't No Holy Roller But You Go Tell Your KingThat All The Folks Up In Heaven Might Like To Hear Me Sing
I Sang To My ChildrenBefore They Strayed So FarI Sang For My LoversOr A Nickel In A Tip JarI Never Knew JesusI Never Read The Good BookBut On My Day Of DyingI'm Giving Life A Second Look
It's Coming On Time NowMy Body's Getting ColdI've Got No Will I've Got No PrayerMy Story's All Been ToldI'm Ready For The Land Of FireBut I'd Love To See The Land Of GoldSo Nurse Bring Me My GuitarOne More Song Before I Go


martedì 18 agosto 2015

Del tempo che mai è sprecato cucinando

crostata alla marmellata

E' un giorno di pioggia cattiva, pioggia insistente come uno che vuole rifilarti una rosa al ristorante o un volantino per strada. Pioggia fastidiosa come un capriccio, eppure pioggia dolce nel suo porgere un assaggio di autunno nel quale perdersi ad occhi socchiusi.
Nuvole gonfie, ciccione, buone per annaffiare i prati, pulire l'asfalto e rinfrescare i muri delle case ancora troppo intrisi di questa estate impietosa, maleodorante, estate che mi ha avvilita fino a logorarmi.

Ho voglia di crostata, una di quelle imperfette, fatte in casa, una di quelle che sogno e che poi non farò se non tra giorni e giorni. Una crostata di quelle imprecise, con i bordi sporchi di marmellata e l'intreccio di strisce irregolari, una di quelle cui dedicare la fronte aggrottata e del tempo che mai è sprecato cucinando.

E' che fare dolci è un po' come fare il punto della situazione, è come fermarsi a pensare, concedersi di mettersi a parlare con se stessi, impegnarsi nella preparazione di qualcosa di prezioso che viene reso tale dall'equilibrio fragile degli ingredienti che potrebbero decidere di non restituire alcun capolavoro, deludendo così tanto gli occhi quanto il palato.

Oggi ho bisogno di tutto questo, anche solo di pensarlo, di parole che mi portino a comprendere, di rassicurazioni e di speranza, di slanci e di sostegno, di conferme e di opportunità. E intanto è spuntato il sole e anche la parte più burbera di me sorride a quest'acqua che cade da fasci di luce inattesi, al tepore che spezza un'aria così fredda da far sognare un paradiso di calzini, plaid morbidi e finestre chiuse.

AGGIORNAMENTO
Sono quasi le quattro del pomeriggio e c'è un sole come se non avesse mai piovuto oggi.
Stavo meglio prima.

Song of the day: Vinicio Capossela - Il Paradiso Dei Calzini



domenica 16 agosto 2015

Del Ferragosto a sedici gradi



Il viaggio silenzioso, indossando un golfino assolutamente necessario e occhialoni da sole del tutto superflui. Mi dimentico sempre di cambiare la  musica in macchina e, nonostante le migliori delle intenzioni, ogni canzone si deve cantare da sola: è decisamente troppo presto per improvvisare un concerto con la mia voce assonnata.

La pioggia arriva nel preciso istante in cui parcheggio sotto casa, sorrido allo stupore frastornato di Bloody nel ritrovarsi di nuovo in montagna, sorrido alla pianta di fichi che non ne fa maturare mezzo se io sono a tiro di furto da un ramo, sorrido alla nostra casona bianca perché ritrovarla è sempre un conforto sincero.

Il pranzo in famiglia, una grande tavolata cui noi tre non siamo più abituati, la grigliata degli zii, le risate fino a farsi venire mal di pancia, il doppio caffè e la sazietà che mi colpisce alle spalle come invece fa di solito la fame.

La torta di compleanno della mia mamma apre un dibattito interessante sulle caratteristiche della pasticceria dell'Iperal: il pan di spagna è poco inzuppato nella bagna, una volta mettevano più chantilly mentre adesso è tutta panna, però sono sempre generosi e abbondano con i frutti di bosco.


E mentre tutti sorseggiano bollicine, io abdico perché non sono buona nemmeno a brindare con un goccetto di spumante da sei gradi oggi.

La fuga con la mia Elsa dai cinesi che se ne fregano del Ferragosto e sono aperti; una mezz'ora insieme a parlare impregnando ogni attimo di dettagli, confidenze, perplessità, attese, spontaneità, quiete, sfoghi e frecciate da iene avvelenate. E intanto mi ritrovo a comprare le solette a fiori e a pois per le due paia di ballerine troppo grandi, dei  lacci corti per le mie Vans, una spazzola per i capelli appena rinnovati, uno spazzolino da denti e una candela all'anice stellato da portare con me domani a casa.

E poi gli alberi che scoppiano di frutta ancora acerba, due caprette mi rubano il cuore, una teglia da forno sotto ad una grondaia raccoglie pioggia e foglie. I prati sono straordinariamente verdi e le chiome e i rami e i tronchi si specchiano (senza premurarsi di riflettere) nel cielo grigio di metà Agosto. Poi mi perdo nelle nuvole che come hula hop abbracciano i monti ai piedi dei quali passeggio con chi quassù gode del privilegio di rincorrere libero il suo adorato frisbee e dello sdraiarsi nell'erba fradicia senza rimproveri ed esitazioni.

Due fichi, latte e caffè con le madeleine, il dolcino allo yogurt migliore di qualsiasi aspettativa e le coltellate inflitte al vaso della nutella hanno preso il posto di una cena convenzionale.

- Mamma domani facciamo i biscotti.
- Mamma che torta abbiamo per colazione?
- Mamma fai le crocchette di patate!

Gli occhi stanchi, pesti, distratti, provati dalle lenti a contatto indossate per troppe ore di fila.

Tu al telefono.
La nostra nipotina domani giocherà con Bloody da noi.
L'appuntamento dopo pranzo.

- Qui diluvia.
- Ora diluvia anche qui.
- Dimmi almeno che ti manchiamo.

A me tu manchi qui.
Mi mancheresti ovunque.
E anche se sei antipatico, sei l'Amore mio.

E Buon *Compelanno* una volta ancora a te, mammina mia. Che bello è stato vederti e viverti così serena oggi.


venerdì 14 agosto 2015

Della frangetta: Bentornata, Milvina pin up

La frangetta è come il rossetto rosso : provata una volta non te ne liberi più, se non temporaneamente. Ma come ogni vizio che si rispetti, ogni vizio da manuale, prima o poi ci ricadi.

Una giornata trascorsa a ribaltare casa, provo una stanchezza esponenziale, ma ho parecchi lavori noiosi da sbrigare; mentre ascolto del rock'n'roll (e mi rendo conto che forse mi sono dimenticata come si balli il jive... ballato a modino, intendo) inizio a pensare che mi manca quello che da qualche anno è lo stile che sento più mio, che mi valorizza e che mi infonde sicurezza.
Mi specchio e quello che scorgo non mi piace. Io non sono da Victory Rolls, le mollette mi annoiano, le bandane le uso solo per disperazione: e allora qualcosa deve cambiare.

Avere un parrucchiere a due attraversamenti di strada mi invoglia a buttarmi sotto la doccia e uscire. Sono quasi le otto di sera, scelgo un paio di foto in rete, conscia del fatto che i capelli non verranno mai e poi mai come li sogno, le mostro al pettinatore e aspetto. Pazientemente.

Chiedere ad uno sconosciuto di realizzare una frangetta da quattro peli sulla fronte è un atto di fiducia incondizionata, è un buttarsi di schiena sperando di essere afferrata, è convertirsi all'improvviso - quasi sinceramente - e pregare che nessuno faccia cazzate con la tua testa.

Non è andata male e io mi sento di nuovo me stessa, rigenerata, mi vedo ancora più bella, mi sento più consapevole, attraente, forse persino maliziosa e considerando che nonostante il caldo e la grigliata il biker si sia prodigato a rifilarmi parecchi bacetti inattesi, credo che l'operazione makeover sia stata compiuta egregiamente.

Eccomi rinnovata!
Fatelo anche voi! Se state esitando ad osare, se avete bisogno di vedervi in modo nuovo, se non siete contenti di quello che siete ora: partite da un piccolo passo, una rivoluzione da poco, un lampo di genio o una piccola follia!

Ho pensato che per immortalare l'attimo avrei dovuto rendere omaggio a tutte le donnucce che fanno della bocca a culo di gallina uno stile di vita attraverso il quale esibirsi... Come on, please!

Oh che bello essere vipera!

giovedì 13 agosto 2015

mercoledì 12 agosto 2015

Della torta alla pesca e dell'armistizio con il fornetto

A casa non abbiamo il forno.
E questa è la cruda realtà.
E io stento ancora ad accettare questo dramma.

O meglio, abbiamo un piccolo fornetto elettrico che ho detestato con tutte le mie forze fin dall'inizio della convivenza e con il quale, mese dopo mese, ho deciso di fare pace: un po' per necessità, un po' per inevitabilità, un po' per rassegnazione, un po' per economia e un po' perché non c'è spazio e non esiste un solo angolo della casa dove se ne possa posizionare uno serio.
Ricetta dopo ricetta ne ho capito il funzionamento, mi sono adattata ai suoi tempi, ai suoi limiti, alle sue dimensioni, eppure ne ho scoperto addirittura le virtù. Virtù timide di un oggetto utile, senza troppe pretese e con un grande senso del dovere.
Ieri sera per cena ho preparato la pasta pizza, condita con un sughetto di pomodorini, olive taggiasche, origano, basilico, olio generoso, fiamma vivace e (prima di scagliarla nel fornetto per circa 20 minuti ad alta temperatura) ciliegine di mozzarella.
Perché non approfittare dell'idea geniale di M. di disporre il timido virtuoso sopra un tavolino in balcone?  Ed è nata proprio così, a forno già caldo, la mia voglia di preparare questa

tortina alla pesca, yogurt e cardamomo

torta alle pesche

Cosa vi serve?
- Mezzo vasetto di yogurt alla pesca (il mio aveva dentro anche del frutto della passione)
- una pesca matura un po' cicciotta
- due uova intere
- un bicchiere di zucchero (prendete come riferimento quello della nutella)
- un bicchiere e mezzo di farina autolievitante
- mezzo bicchiere di fecola di patate
- mezzo bicchiere di olio di semi
- abbondante cardamomo
- zucchero a velo

In una ciotola unisco allo yogurt lo zucchero, le uova e l'olio. Monto fino ad ottenere una bella crema spumosa. Aggiungo farina, fecola e cardamomo.
Una volta pronto l'impasto lo verso in una tortiera e dispongo a raggiera le fette sottilissime di pesca senza buccia, più sottili saranno le fette più verrà favorita la lievitazione.
Ricopro di zucchero a velo - uno strato leggero per far formare una crosticina - e inforno a 160 gradi per circa 35 minuti.
Il risultato è questo cuscinetto di farina e uova dal profumo inebriante. Le pesche, una volta cotte, prendono la consistenza di una crema, ricordando - con un po' di impegno e fantasia, una pasticciera aromatizzata alla frutta.

Perfetta per la colazione, da reclamare a merenda e confortante dopo cena, magari accompagnata da aria fresca - che ammansisce la ferocia di quest'estate - e un ciuffetto di panna montata o una bella cucchiaiata di gelato.
Preparatevela, dai!
E poi fatemi sapere com'è venuta.

Song of the day : Lynyrd Skynyrd - Call me the breeze
(Perché in un verso si cantano le Georgia Peaches)

torta alle pesche

martedì 11 agosto 2015

Della pasta alle zucchine e basilico

Alla fine ha avuto la meglio la vecchia lavatrice Indesit, ha gettato la spugna con noncuranza, abbandonandoci miseramente senza alcuna pietà e costringendoci all'acquisto di un nuovo elettrodomestico, arrivato proprio questa mattina. Speriamo che gli 8 kg di carico, la classe energetica che punta tanto all'eco-sostenibilità quanto al risparmio e la fama qualitativa delle lavatrici Whirlpool non vengano smentiti proprio nel nostro bagno e che - almeno sotto questo aspetto - si possa ipotizzare di godere di una stabilità durevole negli anni a venire.

Sono giorni in cui gli imprevisti e le preoccupazioni la fanno da padrone, problemi che spazzano via la serenità e ci impongono un gioco di squadra - che con naturalezza e senza esitazione ci riesce sempre meglio - e una complicità che non fa che consolidare la nostra famiglia. Ogni tanto mi prende lo sconforto e se chiedo a chi è più grande di me - e un bel po' più ne sa -  perchè c'è questo accanimento di fatiche e preoccupazioni mi sento dire: è la vita, non si sceglie, è proprio così che funziona. E allora faccio spallucce, mi guardo la punta delle scarpe, mi ripeto un po' imbronciata "E' la vita" e lascio che sia, nell'attesa che ciò che si spegne ricominici a brillare e che quello che esita e tentenna torni da me a gran balzi.

Ahimè la mia salute di tanto in tanto cede - sotto stress improvviso poi difficilmente la scampo - e mi ritrovo in riserva di energie e forze, mi passa la mia proverbiale fame da lupo e mi ritrovo mogia mogia a vagare da una stanza all'altra in attesa di un po' di sollievo.
Oggi a pranzo invece di optare per il solito panino preso a morsi in piedi tra un sito e qualche faccenda, mi sono imposta di prepararmi almeno una pasta veloce che vi suggerisco se non avete tanto tempo, se avete voglia di qualcosa di gustoso, ma leggero e se non avete chissà che nel frigorifero.



Fusilloni con zucchine, cipolle di Tropea e salsa al basilico

In una padellina ho messo delle fette di cipolla di tropea tagliate sottili, dei bastoncini di zucchine, poco olio di oliva e un cucchiaio raso di salsa di pesce come sostituto del sale.
Ho fatto cuocere il tutto a fuoco vivo giusto il tempo della cottura della pasta, circa 13 minuti e ho legato i fusilloni al condimento in padella, unendo poco prima di disporre nel piatto un bel cucchiaio di salsa al basilico (ottenuta da basilico, olio aglio e sale che potete tranquillamente sostituire con un cucchiaio di pesto alla genovese) e qualche fogliolina sempre di basilico.

sabato 8 agosto 2015

Del sabato mattina senza pretese

batticuori mulino bianco

E' un sabato mattina pigro, un sabato senza frenesia e senza troppo da fare.
Finestre spalancate, voci che ti entrano in casa, rumore di aspirapolvere, colpi di bidoni dell'immondizia spostati con disgusto, vociare non ancora insopportabile dell'accolita dei delinquenti nel bar. In tanti sono partiti e le finestre abbassate, il flusso di auto ridotto a qualche apparizione sporadica, l'assenza di qualcuno che abbia già dato fuoco alle braci in previsione della grigliata del mezzogiorno e nessuna radio accesa lo confermano.

Il mio maxi porta biscotti, una tazza di latte freddo, il rumore di un motorino che ronza dall'altra parte della casa,uno spazzino che sposta cartacce e rifiuti da un angolo all'altro della piazzetta, una sirena che deflagra nel silenzio più ovattato, bambini che interrogano i loro papà:
- Ma allora andiamo al mare?
- Ma qui fa schifo! Ci sono i miei pannolini puzzolenti!
- Guarda l'ho catturato! L'ho catturato!
- Mi aiuti ad allacciare le scarpe?

Sono un po' assonnata eppure - come sempre -  non riesco a poltrire nel letto, indugiare sul materasso e godermi il fresco; sebbene mi trascini, decido di alzarmi e di mettere in fila quel che quotidianamente va fatto. Ieri sera, seduti l'uno accanto all'altro, ci siamo ripromessi che l'anno prossimo a luglio ce ne andremo al mare. Una promessa a fil di voce, stremati dal caldo, da un'estate così accanita da rivelarsi detestabile. La promessa è quella di andare a goderci un mare bello, serio, un luogo dove staccare concretamente la spina e riprendere fiato. Ne avremmo così tanto bisogno.

Penso che dovrei andare a tagliare i capelli, maledetti siano il balayage e chi l'ha inventato. Ho le punte così aride da ricordare una scopetta di saggina e non c'è crema o ristrutturante che tenga: sono arrivata nuovamente al punto in cui dover ricorrere alle forbici non sia una delle possibilità, ma l'unica via. Ahimè, per come ho sempre portato i capelli, mi sembrano già cortissimi, ma questa fase ibrida della mia chioma mi fa scontare tutti gli anni di glorioso hennè rosso tiziano e il periodo (durante il quale ho incontrato il mio M,) in cui portavo la frangetta da pin up cortissima e capelli castani così scuri da sembrare neri. E mi piacevo, ero davvero carina. E' che sono pigra, mi entusiasmo alla velocità della luce e smonto i miei slanci in ancor meno tempo. E se vuoi avere un look perfetto, devi impegnarti e starci dietro. Adesso non ho più un taglio che mi contraddistingua, ho ammansito il mio aspetto e il mio look - forse anche il mio carattere - e così ho desiderato rivedere il mio colore di capelli naturale prima che inizino ad apparire dei crini biancastri. Già, ho anche di queste pensate.

Si è svegliato Bloody, finalmente. La musata del buongiorno, l'inchino che ti rivolge sempre se lo guardi e lo saluti, il sole che inizia a fare capolino e a intiepidire la stanza. Ci vuole un caffè che mi rianimi e una doccia che mi renda un po' più attiva.

E poi ci vuole una soluzione a quel problema che mi tiene sveglia la notte e mi fa vivere a metà, in modo incompleto, mai appagante, mai spassionato, mai incondizionato. Una soluzione anche solo temporanea, purché sia l'inizio di un incoraggiamento, un conforto, un sollievo.


biscotti mulino bianco




venerdì 7 agosto 2015

Della lavatrice (maledetta come il demonio)

mollette e panni stesi


M. a volte mi rimprovera, non è che mi rimproveri, diciamo che mi fa notare, mi sottolinea, porta alla mia attenzione, ci tiene a precisare - insomma mi fa saltare i nervi - e dichiara : "Tu fai troppe lavatrici".

Io guardo la cesta dei panni, gli extra in giro per la casa, penso al copri divano color pelo ispido di Bloody, scruto da lontano gli asciugamani da sostituire, le lenzuola di quasi una settimana stropicciate e sudaticce e sospiro, perché più lavatrici faccio più sembra che ce ne siano da fare, più capi puliti ripongo negli armadi e nei cassetti, più la cesta indemoniata vomita indumenti pestilenziali che reclamano acqua e detersivo a squarciagola.

Ma voi quante lavatrici fate a settimana?
Come lo organizzate il bucato?

Perché siete tutti più ecologici e straordinariamente più efficienti di me?!

Provo a fare due conti:

Due lavaggi di neri generici perchè siamo rocherolle, metallari e su di me il nero sfina. Uno di jeans e indumenti un po' meno delicati. Uno di bianchi, non pensavo sarebbe mai successo in casa mia, eppure sono passata al lato oscuro, ma solo perché credevo avessero dei biscotti. Uno di colorati, per colpa del biker che si permette di indossare maglie rosse, gialle, beige, persino verde, sconvolgendo i miei stendini a lutto stretto. Uno di stracci e schifezze, ma è una lavatrice quindicinale. Uno di tappeti. Varie ed eventuali nel caso di nuovi acquisti o imprevisti.

Premetto di non essere una vera massaia moderna e di non essere nemmeno una casalinga così disperata da mettermi a lavare a mano, ordunque in cosa sbaglio? Ormai mi sono convinta di essere al centro delle attenzioni degli inquirenti che stanno indagando sulla natura del guasto domestico perchè la lavatrice di casa sta proprio tirando le cuoia. Colpa dell'usura? Colpa dell'estenuazione? Colpa della femminona di casa? In ogni caso: li mortacci sua.

Il mio bel biker si è messo d'impegno un paio di sere fa e armato della pazienza dei santi e della meticolosità che lo contraddistingue, appena tornato da lavoro ha provato a compiere un miracolo elettrico sostituendo sia la presa del muro che la spina della cara Indesit, ma la maledetta di nemmeno sei anni, nonostante l'amorevole intervento di primo soccorso, ieri sera ha abbandonato una vagonata di calzini, mutande e paracaduti (ohi, mica li si possono chiamare soltanto reggiseni) al loro destino, imponendoci uno spegnimento improvviso in pieno lavaggio, uno stendino pieno di capi non lavati e l'amara rassegnazione all'intervento di un tecnico: il tutto a ridosso del ferragosto.

Che io sia incarognita e col dente avvelenato nei confronti di mezzo mondo non è una novità per chi mi conosce bene e - nonostante tutto - mi ha a cuore, ma ammetto che è stata una lotta contro i titani riuscire a trovare un centro di assistenza autorizzato (ma anche non autorizzato sarebbe andato bene) con prezzi di senso compiuto.

bucato laundry
Tutto vero.
Questo è il nostro balcone a seguito di un lavaggio da 16 kg presso una lavanderia self.

La lobby delle assistenze tecniche ti invoglia con un gettone fantascientifico di uscita di circa 20 euro, costo che spesso non prevede il preventivo scritto, non specificano che la manodopera avrà un costo orario che oscillerà tra i 40 ( dico Q-U-A-R-A-N-T-A) agli 80 (chittemmuort' O-T-T-A-N-T-A) euri. A queste somme occorre aggiungere la manodopera supplementare nel caso in cui il lavoro non venga eseguito nel tempo di una Blitzkrieg e - ovviamente - i preziosissimi pezzi di ricambio. Facendo un paio di conti alla buona, arrotondando garbatamente, includendo qualsiasi opzione, persino la peggiore, abbiamo constatato che la minima forma di manutenzione non avrebbe potuto gravare sul bilancio domestico con una cifra inferiore ai venghinosignorivenghino  centocinquanta/ duecento euri (listen and repeat d-u-e-c-e-n-t-o). Cosa significa? Che risparmiandoci l'intervento di un tecnico e buttando un bene che forse qualche speranza l'avrebbe ancora, copriremmo due terzi del costo di una nuova ottima lavatrice in offerta.

Mentre scrivo sono a casa dei miei genitori, in trasferta temporanea, e ascolto la loro Hoover intenta a esibirsi in qualità di bella lavanderina, e nel frattempo vengono spulciati innumerevoli siti di offerte e promozioni. Non nego che avrei preferito spendere quei soldi in un biglietto aereo o in un po' di shopping, ma tant'è: presto avremo una nuova lavatrice. Ma io, per garantirle una minima sopravvivenza, lunga vita e figli maschi... quanti lavaggi dovrò fare a settimana?!

(to be continued...)

Song of the day: Her Majesty Bessie Smith - Backwater Blues

Backwater blues done call me to pack my things and go

'Cause my house fell down and I can't live there no more




giovedì 6 agosto 2015

Della raccolta punti Mulino in Festa (festa che ti fanno)


raccolta punti mulino bianco mulino in festa


E' da qualche giorno che sono a conoscenza di questa iniziativa a premi che - in principio - mi ha entusiasmata, ma che giorno per giorno mi ha resa sempre un po' più perplessa. Cerchiamo di capire come funzioni e che cosa mi stia disturbando al punto da demoralizzarmi.

Per celebrare i 40 anni di attività di Mulino Bianco viene proposta una raccolta di ben 65 punti che si chiama "Mulino in Festa"  a conclusione della quale si potrà ricevere la Scatola delle Sorprese composta da due tazze personalizzate e una capiente latta porta biscotti. Beh, niente male, no? Finora sì. Un classicone immancabile sulle tavole d'Italia, uno di quei ricordi della Mulino Bianco che un po' a tutti piace avere e conservare gelosamente.

Allora compro un pacco di biscotti, ritaglio il punto, lo incollo su una scheda, poi proseguo con fette biscottate, flauti, crostatine, camille, tegolini, abbracci, macine, galletti, rosite, Banderas, un paio di polli, un mulino, il cielo azzurro, i campi coltivati dorati, ingrasso di una decina di chili entro novembre, mi iscrivo in palestra per tornare in me, invio una raccomandata e ricevo il mio premio? No, non esattamente.

Occorre registrarsi al sito ufficiale dell'iniziativa (valida dal 22 aprile al 30 novembre) e qui si potrà accedere ad una scheda punti virtuale da riempire acquisto dopo acquisto. Ad ogni confezione corrisponde un punto e la stessa cosa vale per ogni codice inserito. Per agevolare l'accumulo dei punti è stata inoltre creata l'app Mio Mulino attraverso la quale non solo si guadagnano punti extra, ma si possono CARICARE GLI SCONTRINI comprovanti l'acquisto. Bene, Milvina, ma che cosa c'è che non va?

A non andare è il fatto che per convalidare l'avvenuto acquisto si debbano inserire le foto degli scontrini completi, includendo l'importo totale della spesa effettuata, specificare il supermercato dove abbiamo deciso di spendere i nostri soldi, indicare il numero di scontrino emesso e che queste belle ricevute - nonostante il caricamento attraverso l'app - vadano comunque conservate e spedite a fine raccolta per convalidare ogni singolo punto accumulato attraverso gli acquisti.

Il marketing emozionale ha fatto centro, tombola, ori, primiera e anche settebello questa volta e con esso ha fatto centro chiunque si occupi dello studio delle preferenze dei consumatori, del potere di acquisto ancora in mano agli italiani e della gestione dei dati sensibili di chi parteciperà all'iniziativa.


raccolta punti mulino bianco mulino in festa batticuori flauti

Ho visto messe in atto - una per una - tutte le strategie di marketing che ci hanno inculcato al Master in Comunicazione, e stavolta, nella mia natura umanistica di studiosa di letteratura, mi sono sentita travolta da tutte quelle nozioni che sembravano avere un contatto semplicemente marginale con la MIA realtà. Mi sono sentita come ingoiata da un meccanismo tentacolare avido di statistiche in grado di compiere una vera e propria autopsia sui miei gusti e consumi in cambio di un regalo.
Vuoi un omaggio? Perfetto, allora aprimi il frigorifero, la dispensa, l'armadietto che hai in bagno, la cantina e anche il cassetto del comodino e mettimi in mano la possibilità di analizzare ogni tua preferenza. A pensarci bene, a metterla giù così, almeno a voi non viene in mente qualcosa di maniacale?

E allora Barilla un po' mi delude, perché nonostante le tante bontà da mangiare, nonostante la benevolenza che chiunque riponga nei confronti di una gamma di prodotti che si rinnova sempre e che crea un coinvolgimento affettivo ed evocativo importante, ha voluto porsi in un modo invasivo e prepotente in cambio di un paio di tazze. E una latta, già, c'è pure la latta.

Come salvarsi?
Se, come me, le tazze - in fondo in fondo - le vorreste ancora, perché i piatti bianchi in porcellana con la farfalla finivano sulle tavole di natale delle vostre nonne, perché se anche voi rovesciavate il sugo sulla tovaglia con le rondini al primo maccherone infilzato con la forchetta e se ancora usate tutti quei regali che vi hanno reso un po' felici, allora fate in modo di separare gli acquisti e di non includere alla spesa settimanale i prodotti che parteciperanno al concorso a premi. Io ieri ho fatto così e  - difendendomi - ho ridimensionato le sensazioni sgradevoli che questa iniziativa mi causava.

In tutta onestà non so se avrò la perseveranza per proseguire fino al raggiungimento della soglia dei 65 punti, sebbene attraverso la registrazione al sito e a seguito del download dell'app una decina di vengano regalati; non so se avrò voglia di ingozzarmi di merendine e biscotti, considerando che in casa sono l'unica a consumarli - e forse ad abusarne -, ma l'idea dello scontrino separato mi aiuta a credere di non essere solo carne da macello per statistiche e promozioni, ma una consumatrice consapevole in grado ancora di entusiasmarsi per la poesia di un biscotto, per la piacevolezza di una merendina appena addentata e soprattutto di tutelarsi e difendersi dallo sciacallaggio selvaggio che qualsiasi forma di comunicazione metta in atto con quel che siamo (o decidiamo di essere) in rete, al supermercato, in macchina o in vacanza.
Inoltre, nonostante il mio lavoro e la mia formazione non mi stiano gratificando come meriterei di essere gratificata, mi rendo conto di essere in grado di non subire la comunicazione e le sue regole, ma di alzare la guardia e di proporre una mediazione tra ciò che mi viene imposto e quello che posso ancora scegliere di fare, coadiuvata da una preparazione professionale che finalmente sento di definire oggettivamente efficace.

Cara Barilla, What the Fuck?
Te lo dicono la mia tazza, il mio cucchiaio balena e uno dei tuoi adorabili Batticuori .
E te lo dico anch'io, perché i tuoi prodotti, nonostante tutto, non mancano mai a casa mia.


domenica 2 agosto 2015

Della domenica mattina in montagna

E chi se l'aspettava tutto questo sole?
L'aria tersa, i prati intrisi di pioggia, così tanta luce da perdercisi. Eccola l'estate che amo. Ecco l'estate che ricordo con amore durante il buio dell'inverno più pieno e interminabile.
Sono le nove e ho ancora sonno, ma come ogni giorno, io non so mica stare nel letto. Scendo le scale, inciampo in una codina, poi in una zampa, poi in un muso che preme contro l'interno del ginocchio. "Amore della tua mamma, vuoi che mi sfracelli su un gradino in pietra?". Entro in cucina e la caffettiera ammicca maliziosamente, immagino il profumo di espresso ondeggiare per la stanza, l'esitazione dell'assaggio perché la tazzina mi mette in guardia "il primo sorso sarà tanto, troppo bollente", ma non cedo, ho delle priorità: le ha il mio cuore.
Prendo uno snack, ci ripenso e ne prendo un paio. Le raccomandazioni, la fiducia ben riposta in un esserino che merita libertà. L'impatto con la luce che entra a spallate dalla porta di ingresso mi rallegra, dai che oggi ci sta che sia estate,  Milvina rognosetta!

Porto Bloody fuori casa: "La sai la novità, Ninino? Oggi i bisogni te li fai tutti da solo!". E così è stato.
Corse nei prati, salti buffi, scatti sorprendenti. Ha senso rimandare il caffè se si può godere dello spettacolo offerto da un cagnolino felice. Ha senso rinunciare a mezz'ora di poltrire quando si può chiedere alla natura di svegliare come solo lei sa fare: rigenerando anima e corpo.
Noi siamo qui, in provincia di Sondrio. E quella bianca, sulla destra, è la casa della mia famiglia.
È una mattina da borsa frigo e panini avvolti nell'alluminio, una mattina da occhiali da sole, scarpe comode, macchina fotografica, frisbee e palla.
Quanto ho desiderato e sognato questo benessere, questo equilibrio, questa armonia.





sabato 1 agosto 2015

Della tenerezza e delle parole che adesso non servono

Delle mele della Valtellina

Le mele che mi fanno assaporare l'autunno, che scagliano via lontano i ricordi del caldo più feroce al quale non credevo di poter sopravvivere; mele ancora acerbe che mi fanno socchiudere gli occhi e forzare i sogni che parlano di torte tiepide, tazzoni di caffè bollente, calzettoni morbidi e maglioni grandi.
È il primo giorno di Agosto e mi rallegra che non sembri nemmeno estate.
Finalmente siamo in montagna.
Insieme.