martedì 19 gennaio 2016

Dell'insalata detox con finocchi, radicchio, arance e melograno



Finite le feste mi sono ritrova con demoni tentatori sparsi ovunque per casa, bombe caloriche infami che mi chiedono di essere finite, sgranocchiate, mangiucchiate, e il tutto - una volta ingerito - mi precipita in picchiata sia sulle rotondità che sui coscioni. Complice una terapia cortisonica, mi ritrovo a vedermi spenta, appesantita, impigrita e allora, di tanto in tanto mi regalo una bella botta di vitamine, colori e sapore. Qualcosa capace di saziarmi, ma che riesce a non farmi sentire in colpa una volta di fronte alla ciotola vuota.

Nelle insalatone mi piace unire i sapori contrastanti e abbinare al dolce il salato, al morbido il croccante, e questacomposizione di frutta e verdure è una tra le mie preferite. Per prepararla ho scelto di unire: finocchi tagliati a fettine sottili, puntarelle, radicchio di Chioggia, il succo e dei dadini di arancia pelata al vivo, melograno e noci. Ho condito con un'emulsione a base di succo di arancia e limone, sale e olio evo e ho tolto dal mio piatto, insolitamente, almeno un migliaio di calorie.

Per renderla un buon lunch box potreste aggiungere dei pezzetti di parmigiano, ma anche del tonno, del petto di pollo grigliato o del salmone saprebbero appagarvi.

Un suggerimento veloce, un inno ai cromatismi invernali che sanno stupire quanto un'inattesa, un'insperata giornata di sole.





giovedì 14 gennaio 2016

Della cena messicana for dummies



Un invito a base di un piatto unico appetitoso?
Io spesso punto sul messicano, come ho fatto proprio qualche giorno fa. Andare a mangiare fajitas y tacos al ristorante coincide con un bagno di sangue o, peggio ancora, con la degustazione di assaggi liberamente ispirati a qualcosa che, soltanto per sbaglio, ha avuto a che fare con la terra di Zapata. Anno dopo anno la mia insaziabile ingordigia ha potuto constatare che in media le porzioni sono state via via ridotte a fronte di un aumento dei prezzi poco giustificabile e ancor meno gradito. Siccome le cose buone devono essere alla portata di tutti, tanto vale prepararlo a casa!



Poche pietanze e un successo assicurato, basta solo prestare un pochino di attenzione a non far mancare quei condimenti e quelle salse fondamentali per una resa a prova di lingue biforcute, criticoni e fauci voraci. Siate generosi con le porzioni!

MENÙ MESSICANO FOR DUMMIESPer 4 persone




- Tortillas oppure Tacos
(si comprano!) 8 come minimo sindacale per fajitas e 12 per i tacos
- Fajitas di pollo con verdure (un petto di pollo intero, una cipolla grande, un peperone rosso, un peperone giallo, spezie per Tacos)
- Guacamole (due avocado, due lime, pomodoro, peperone, cipolla)
- Dadini di pomodori (pomodori, prezzemolo o coriandolo, scalogno, aglio e origano)
- Salsa piccante (si compra!)
- Formaggio edam o gouda o latteria (si compra!)
- Nachos (come aperitivo o per dar fondo alle ciotole con le salse)

FAJITAS DI POLLO CON VERDURE


Taglio a strisce una cipolla cicciona e due peperoni, uno giallo e uno rosso, lifaccio saltare in una padella in abbondante olio e fiamma vivace. Dopo una decina di minuti li salo e li allontano dal fuoco. Intanto taglio a striscioline il pollo e lo condisco in una ciotola con dell’olio e delle spezie per tacos, che troverete in qualsiasi supermercato. Cuocio il pollo su una bistecchiera e quando inizia a colorarsi unisco le verdure e lascio sul fuoco allegro fino a quando il tutto non avrà assunto una bella colorazione e l’aspetto non sarà visibilmente croccante.

GUACAMOLE


L’unica accortezza che dovete avere – per la riuscita della ricetta di una buona Guacamole - è scegliere degli avocado maturi, morbidi al tatto, ma non troppo scuri. Private l’avocado della scorza e del super nocciolo, riducetelo a una purea con l’aiuto di una forchetta, aggiungete il succo di uno o due lime a vostro gusto, i dadini piccolissimi di pomodoro, dadini di cipolla e sale. Io non metto olio perché così la salsa è molto più fresca e “fruttosa”. Mescolate con cura fino a quando gli ingredienti non si saranno uniti armoniosamente, man mano, prendete un nacho ovvero una patatina di mais. Il lime dovrebbe contribuire a non scurire la vostra Guacamole, alcuni conservano il nocciolo dell’avocado e lo lasciano nella ciotola con la preparazione finita fino al momento di servire perché dovrebbe prevenirne l’ossidazione, un ultimo trucchetto è ricoprire con pellicola trasparente avendo cura di farla aderire completamente alla superficie della salsa e mantenerla al fresco.

DADINI DI POMODORI




A me piacciono così: tagliati piccoli piccoli e privati della maggior parte dei semi. Li guarnisco con micro pezzetti di peperone rosso, scalogno, aglio fresco, prezzemolo o coriandolo (dipende da quel che trovo), succo di lime, origano, olio evo e sale. Li mescolo per bene e li metto, come al solito al fresco.


Farcite i vostri Tacos e le vostre Tortillas (che vanno riscaldate su una padella o al microonde) a piacere e gustatevi queste delizie bollenti!





Insomma, adesso che avete tutto pronto per la vostra cena messicana casalinga, potete scegliere di bere del buon vino, della birra fresca, una bibita stura-lavandino oppure impegnarvi con questa ricetta per Sangria: scegliete del vino rosso o bianco e versatelo in una caraffa*. Aromatizzatelo con un paio di stecche di cannella, aggiungete un cucchiaio di zucchero, dadi di arancia, pesche e chicchi d’uva, unite la scorza di mezzo limone e mettete in frigo a riposare fino a quando non lo servirete a tavola!
N.d.Milvina *No, non sto delirando, esiste una versione con vino bianco!


Considerando il quantitativo misero di avanzi... direi che si è trattato di un successo!

mercoledì 6 gennaio 2016

Del papurott senza la bagiana




Sì, avete letto bene e se avete familiarità con la Brianza e il milanese in generale, non potrete fare a meno di sorridere e di incuriosirvi, come me, di fronte a questo dolcetto dell'Epifania.

La tradizione racconta che il Papurott Senza la Bagiana o Papurogio sia

"un antico dolce brianzolo che risale ai primi del novecento e che si consumava il giorno dell'Epifania. Una mamma che non aveva la possibilità di comprare regali o dolci ai suoi bimbi, alla vigilia dell'Epifania con quel poco che aveva in casa - farina e poco altro - modelló un impasto dandogli la forma di papurott cosicché anche i suoi figli potessero ricevere un dono il giorno successivo. Si tratta di un dolce povero il cui ingrediente principale è l'amore di mamma con l'aggiunta di pasta di pane, zucchero, marmellata e uvetta sultanina. Papurott significa bambolotto, senza bagiana invece senza sesso".

Un angioletto da mordere e condividere, un dolcino dal sapore antico, eppure mantenuto con perseveranza e volontà. Non esiste una ricetta ufficiale, ogni famiglia che ne mantiene viva la tradizione tramanda la propria versione segreta di generazione in generazione. C'è chi lo realizza con un impasto simile a quello di una veneziana, come i panettieri e le pasticcerie, chi lo prepara partendo da una frolla, chi osa e se ne concede una versione a base di sfoglia; poi c'è chi lo decora con una pipetta di caramello, chi lo cosparge di granella di zucchero o zuccherini, chi lo segna con della marmellata, insomma ogni famiglia ha il proprio papurott e solitamente questo pupazzetto viene regalato da mamme e nonne.

Un dolce semplice, adatto a tutti i bimbi e ancor più adatto ai bimbi che da decenni non lo sono ormai più, bambini dai capelli argentati, voci basse e mani incerte, ma occhi lucidi e profondi davanti a ricordi di farina e uova.



Non ho scritto e condiviso alcunché del mio Natale, non solo per pigrizia e indolenza, ma anche perché la quotidianità ha preteso esazioni inattese e gli imprevisti si sono fatti largo a discapito della normalità. Mi sono dedicata ai miei cari, per quel che ho potuto e sofferto di una malinconia densa e spessa, così gravosa da sembrare mollica di pane. Ho cucinato biscotti da regalare, ho decorato una casetta di pan di zenzero che abbiamo fatto a pezzi una sera a cena a casa di amici, ho glassato stelle e cuori presi all'ikea e li ho appesi ai nostri due alberi, sì perché quest'anno ne abbiamo voluti due.

Ho provato a prendermi cura dei miei genitori eppure qualcosa è mancato. È mancato lo spirito dei Natali passati, quelli in cui i giorni erano scanditi dalla famiglia e dal ritrovarsi. Mi sono mancati i miei zii e i miei cugini, mi sono mancati i rumori fragorosi durante una tombola o una partita a mercante in fiera. Mi è mancata la nausea da troppo cibo e i sapori che hanno senso solo se gustati attorno a un tavolo arrangiato e sedie strizzate l'una vicina all'altra. Mi sono mancate le pietanze che passi di mano in mano scottandoti le dita, rischiando di far cadere i piatti da portata, vedendo sparire sotto al naso quel pezzo che avevi puntato dall'inizio del giro dei commensali. Sono mancati gli incontri improvvisati tra carte luccicanti e aperitivi e sono mancati i rituali più consueti, quello che rende il Natale il Natale che dev'essere e non soltanto un altro Natale dal quale sopravvivere.

I buoni propositi per il nuovo anno si scontrano contro l'impellenza di tutto quello che deve arrivare, tutto quello che deve tornare, tutto quello che se ne deve andare per sempre, tutto quello che non ha più il permesso di avvicinarsi. Vorrei essere un'acrobata capace di saltare di trampolino in trampolino, di sfida in sfida, di rischio in rischio, ma è come se mi fossi rannicchiata così tanto da soffrire di un indolenzimento cronico, paralizzante, soffocante.

Intanto riprendo fiato, angosciata all'idea di privarmi delle lucine intermittenti e degli addobbi, del profumo di pan pepato e dell'attesa, perché in fondo il Natale non è altro che un anelito nostalgico di qualcosa che vorremmo vivere e rivivere, senza dare il permesso al tempo di cambiare la vita, cambiarci gli occhi e soprattutto il cuore.

Felice 2016 a chi ha bisogno di un augurio, di un po' di coraggio, di un po' di luce e soprattutto speranza.