mercoledì 30 marzo 2016

Della luce che irrompe nel buio, delle condanne

Ci sono giorni in cui è più difficile, giorni in cui sembra quasi impossibile.
Poi a volte ci si mette il rancore a darmi una mano, altre volte la delusione, e di tanto in tanto ci si mette pure l'estenuazione. In me sopravvivono, però, la malinconia, l'incredulità, il dispiacere per un impegno preso che sentivo sacro e inviolabile, un impegno a forma di promessa che si è spezzato come vetro scagliato a terra, come carta lacerata da uno strappo sadico.

Vivere in certi momenti ha le sembianze dell'esistere, del sopravvivere, del vegetare e questa mattina, mentre Bloody mi portava a passeggio e io cercavo di non farmi staccare una spalla, ho pensato che quello di cui ho bisogno, forse, non sia ricominciare, iniziare da zero, ma semplicemente andare avanti, tra giornate sena pretese, pianti senza lacrime e grida che non hanno più alcun suono. Forse, quello di cui ho bisogno è di perdermi in una lucida rassegnazione, perché tutto quello che ho desiderato - anima e corpo - sembra apparire soltanto quando tutto è ormai perso, irrimediabilmente.

Poi mi ricordo che godo del privilegio di insegnare a dei ragazzi un po' magici e che ognuno di loro -a modo suo - mi sbatte in faccia un mondo fatto di complessità, chiodi in bella vista, occhi stralunati, meccanismi inceppati e sforzi atti più a non deludermi che ad ottenere una buona valutazione. E loro non sanno nemmeno di essere la mia salvezza, luce che irrompe nel buio.

Penso al fatto che qualche sogno, nonostante la devastazione che mi ha quasi rasa al suolo, è rimasto lì, buono buono a pulsare e vibrare, e penso che sia stato bello impastare un dolce, godendo della presenza di una bimba e dei suoi pennarelli dall'altra parte del tavolo, sebbene mi abbia fatto impressione sentirmi chiedere, da cinque anni di vocina incuriosita, se io fossi una maestra. E lei non sa quanto abbia significato per me la sua spensieratezza, la sua innocente insistenza, la mattina trascorsa interamente insieme.

Avevo tutto e non è servito a niente, ho dato tutto e non ha portato ad alcunché.
E a volte mi sento già sbiadita, come se non fossi che una foto impolverata sul fondo di un cassetto, e questa sensazione mi logora piano piano, come tarli che perforano uno stomaco che sembra essere di legno in un corpo che vedo sgraziato, deformato, appassito, spento.

Perché sebbene essere altamente sensibili sia un dono, in me è una condanna, una croce, una maledizione. E per una volta vorrei non sentire nulla, nessuna colpa, nessun rimpianto, nessuna tenerezza, nessun perdono, nessun dispiacere.

Vorrei solo guardare il mondo distrattamente, come quando fuori piove, ma tu sei in casa e - avendo già messo a posto ogni cosa - non hai bisogno di uscire, ma solo di chiudere le tende, dare le spalle alla finestra e continuare con le tue faccende: arrogandoti il diritto di dare per scontato tutto quello che ti circonda, tutto quello che vedi, tutto quello che respiri e  tutto quello che vivi. Illudendoti che nulla cambierà mai, perché si potrà sempre trovare una via.

Feeling like a misshapen daisy in a field of perfection. 
Sighing over thrift store love songs.


martedì 22 marzo 2016

Del 22 Marzo 2015

" È una domenica mattina vestita ancora da inverno. Le macchine strisciano asfalto e pozzanghere senza riguardi e io penso alla quiete di questo istante mentre le campane chiamano bambini e anziani alla messa e la pioggia zittisce gli schiamazzi sgraziati dei passanti qui sotto.

Mi manca scrivere, sono una persona diversa, una persona migliore quando lo faccio. Mi manca raccontare, raccontarmi, ridipingere ciò che vivo, sento e vedo attraverso il filtro delle mie parole preferite e lasciare che qualcuno ci si perda o ci si imbatta, anche solo per sbaglio. È un esercizio di pulizia interiore, è un atto premuroso verso tutto quello che altrimenti soffoco e taccio. È non vanificare  la memoria di ciò che accade, di ciò che perderei tra impegni, responsabilità, burocrazie, distrazioni e buone e assai cattive abitudini.

Entra luce dalle tende. Sono sveglia da ore eppure non so lasciare nè te che mi abbracci nè il piumone che ci avvolge. Guardo le pareti rosse, bianche e blu della camera. Mi soffermo a ripensare alla bellezza dei momenti in cui abbiamo scelto, posizionato ogni oggetto attorno a noi e sospiro ricordando quanto il dolore sappia sbiadire il senso più profondo di ciò che ci ha uniti a favore di quello che ha resi vittime, ognuno a suo modo, di noi stessi.

Amore, noi viviamo una rivoluzione fatta di conquiste, forza di volontà, impegno e conferme quotidiane e mentre dormi io vorrei svegliarti per dirti che sei il mio orgoglio, che sei il mio coraggio e che non mi sembra ancora vero di non averti perso e che tutto sia come è ora. Perché non te lo ricordo abbastanza. Perché forse non lo so fare come vorrei.

E poi penso allo sciroppo d'acero che mi chiederà di tuffarsi su un lettino di pancake (e vogliamo scontentarlo?). Penso al nostro cagnolino che ci darà un buongiorno da straziare il petto di tenerezza e sorrisi. Penso che come non mai nella vita sia arrivato il momento di ripagare chi mi ama con una Erica non più fragile, assopita, dimessa, spaventata, disperata. E penso che qualcosa in me stia di nuovo gemmando e che il miracolo di ciò che ancora è, di ciò che è come non lo è mai stato non possa più essere mortificato e messo in pericolo da ciò che non sarà mai più.

È una domenica mattina in cui c'è tanto da fare,  a modo nostro. Tu compri una lanterna,  la tieni in cucina per anni. Poi arrivo io, ti mostro un'immagine e tu mi chiedi di comprare dei cactus. E ora abbiamo anche una serra microscopica che sa di armonia e sintonia. Che sa di noi."



È che ho abitato quel sogno giusto il tempo di un errore.
È che tutto quello che ero, tutto quello che davo a cuore aperto, tutto quello che facevo e sognavo per due, non è servito che a niente.
E provo rabbia. E provo dolore. 

giovedì 17 marzo 2016

Delle domande consuete

Tu lo sai, io lo so, quanto vanno disperse,
trascinate dai giorni come piena di fiume
tante cose sembrate e credute diverse,
come un prato coperto a bitume. 
Rimanere così, annaspare nel niente,
custodire i ricordi, carezzare le età;
è uno stallo o un rifiuto crudele e incosciente
del diritto alla felicità... 
Se ci sei, cosa sei? Cosa pensi e perchè?
Non lo so, non lo sai; siamo qui o lontani?
Esser tutto, un momento, ma dentro di te,
aver tutto, ma non il domani...