mercoledì 4 maggio 2016

Dei punti fermi, che non si fermano mai dove vorrei che rimanessero per sempre

E' un periodo di sconvolgimenti, di prese di coscienza, di angoscia profonda e di smarrimento. Insomma, non serve un genio per capire che tutto è profondamente nero. Sono nel bel mezzo di una fase da dimenticare e allontanare, una dannata croce da schiodarmi di dosso per ricominciare e poi finalmente guarire.

Ci sono luoghi, ad esempio, che mi portano a subire un'inondazione di emozioni e di ricordi, sono una danza frenetica fatta di deja vu e smarrimento, una roba perversa e malsana  nella quale non capisco perché mi sia così semplice tergiversare. Alcuni posti mi infliggono persino delle vertigini, mancamenti improvvisi che la forza di volontà riesce a malapena ad arginare e ieri non me ne sono negata nemmeno uno, in un fallimento epocale al quale, però, sono  più o meno gloriosamente sopravvissuta.

Sono passata alla Lidl, mi servivano degli snack che a Bloodino piacciono tanto, volevo lo yogurt pesca e maracuja, perché quel vasettone è buono sia da mangiare che da schiaffare in una torta.
Adesso vi racconto come funziona in me. Io sto bene solo all'ingresso del supermercato, quando -ancora forte di una sfacciataggine autenticamente finta e ben protetta dal mio rossetto rosso - mi affaccio agli espositori del pane. Mi sento un leone fino a quando sorrido ai croissant all'albicocca, quelli con lievito madre. Non so perché, ma il loro profumo e il loro aspetto mi confortano affettuosamente. I problemi insorgono e incalzano al passo successivo - passo fisico, un piede davanti all'altro intendo - quando mi faccio coraggio e dopo aver dato una sbirciata ai gusti delle tavolette di cioccolata, mi tocca attraversare tutto il resto del negozio.

Ieri, ad esempio, dopo aver visto gli attrezzi da barbecue mi sono dovuta reggere ad uno scaffale, quello mezzo svuotato della promozione iberica, per non consentire al pianto, all'ennesimo, di esplodere. E mi sono sentita soffocare dall'incalzare di immagini già viste e vissute e definitivamente perse. Piango davanti alla confezione da due pannocchie, piango per il San Daniele e piango davanti alla sfoglia per lasagne, ho pianto pure per l'ammorbidente azzurro, saltando a piè pari quella bastarda schifosa della birra Peroni . Ma com'è possibile che mi sia tramutata nella regina malsana dei ricordi manipolati, resi meravigliosi dall'assenza, composti dal farmi bastare pressoché niente? Pensieri diversamente preziosi, plasmati fino a sembrare accecanti, ma solo perché ho nostalgia di qualcosa che abbia valore, qualcosa capace di sanare il fallimento e di indurmi a credere di aver perso un bel sogno, per torturarmi a modino, anziché un gran bell'inferno.



Intanto Warren Haynes mi canta Simple Man, e allora posso raccontare anche del colpo di grazia che mi è stato inferto ieri, senza pietà, stavolta dall'Effemarket, piccolo supermercato lissonese dove prendevo sempre la carne, dove improvvisavo ricette e menù, dove andavo dopo l'area cani, dove correvo la domenica mattina, dove andavamo in due il sabato, nei giorni felici, quando la sera avremmo grigliato sul balcone, sorridendo al buio del cortile, compiacendoci di una Lotus Grill che era brava quanto un'amica, in un'intimità fatta di una collezione di salse da far invidia ad una steak-house e una complicità di intenti che credevo davvero non si sarebbe mai interrotta.

Ho chiacchierato in macelleria, dove mi è stato chiesto come mai non mi facessi più viva da così tanto tempo e tentennando, deglutendo mocci e voce tremula, ho spiegato che mi ero trasferita, che ora ero fuori mano e che non passavo spesso di lì. Un anziano mi ha guardata parlare, e io so che può sembrare un'iperbole da narratore, una bella parabolina atta a insegnare a me stessa qualcosa e a stupire uno dei miei tre lettori, ma giuro che è andata così, insomma, davanti ai colli di pollo, che il veterinario di Bidibonzi mi aveva suggerito di comprargli, questo anziano mi ha incoraggiata, mi ha ricordato che ero giovane, che tutto sarebbe passato, ma quello che più mi ha toccata è stato rendermi conto che non sia servita alcuna spiegazione,  non si sia reso necessario alcun dettaglio per dimostrare in modo evidente quanto faticassi a dire "Non abito più qui" e ciò mi ha fatta riflettere sulla natura così esplicita, seppure involontaria, di quel che sto passando. Mi si legge addosso, e non c'è maschera che tenga.

E allora, mentre mi sentivo spiegare che la cara e vecchia Sisa era stata rilevata da Carrefour le mie gambe hanno ceduto di nuovo, perché almeno quel supermercato sarebbe potuto rimanere così com'era, senza snaturarsi, senza - forse - perdere per sempre le sue caratteristiche così distintive: il papurott alla befana, la ricetta della torta paesana a novembre, le tipicità stagionali, i suggerimenti per degli acquisti combinati. Io non ero pronta anche a dire addio a quella che era la Mia, la Nostra Sisa. Non ero pronta nemmeno a scattare questa foto ricordo, prima che lo stile francese prendesse il sopravvento su una gestione e un'offerta di prodotti, graziosa come quella di una vecchia drogheria.

E mentre scattavo la foto, mi tremavano le mani, e allora la condivido proprio così, nella sua imperfezione, nella sua genuinità, prendendo atto del fatto che ad uno ad uno ogni singolo punto fermo va in frantumi, ogni stabilità viene sovvertita, ogni sicurezza persa. E io non ne sono pronta. Io non voglio esserlo.



4 commenti:

  1. Ecco, il punto è tutto nelle ultime parole: io-non-voglio-esserlo. E in qualche è modo è giusto e sacrosanto, perché sarebbe impensabile fare spallucce e dirsi "ok, è andata così, andiamo avanti". A volte noi donne pensiamo a noi stesse come dei Panzer, come "quelle che devono resistere e stringere i denti e sorridere a ogni costo". E no, cazzo! Va bene anche piangere, crogiolarsi nel dolore per un po', assaporarlo, contemplarlo. Credo fermamente che sia il solo modo di vederlo sparire: viverselo. Al momento giusto - non prima, né dopo - questo bizzarro inquilino dell'anima girerà i tacchi e tu sarai di nuovo la frizzante Milvina dal sorriso di perla che ho conosciuto. <3

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    1. Non posso permettermi di far finta di non soffrire.
      Questa convivenza per me è stata sacra, e vederla distruggersi per negligenza ed egoismo mi ha dilaniata.
      Come donna mi sento umiliata dai bilanci, dalle inevitabili constatazioni, dai ricordi che avevo la pretesa di minimizzare o dimenticare. Non funziona così, e allora, siccome non posso far nulla per cancellare i segni che ancora mi porto dentro, che ancora mi porto addosso, mi arrogo il diritto di provare nostalgia per quel poco che si ostinava a funzionare nonostante la mancanza di volontà da parte di chi chiamavo, e forse chiamerò per sempre Amore. Ben venga il dispiacere se questo significa che non tutto è stato vano, che non tutto è stato imbrattato, violato e profanato, almeno tra le tempie.

      Grazie per le tue parole, sono parole di amicizia, di sorellanza, di bene vero e elargito senza esitazione.
      <3

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  2. ciao, sisa non è stata rilevata da carrefour. la sisa praticamente è fallita da sola. io lavoro in quel effemarket di qui hai già nostalgia.d'altra parte bisogna attaccarsi a qualche brand altrimenti si muore. concordo con te, il profumo di familiarità mancherà nei prodotti come dici tu, ma noi dipendenti siamo gli stessi. come d'altronde i titolari. vedremo. un saluto

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  3. Ciao Andrea, ti rispondo anche qui per non lasciare il tuo commento inascoltato.
    Sono contenta della "bufala carrefour", vedere i cartellini dei prezzi in stile carta PayBack mi aveva fatto provare un gran dispiacere. Spero che la sopravvivenza del vostro supermercatino non chieda in cambio lo snaturarvi o l'abbassamento della qualità dei vostri prodotti, punto di forza assoluto del piacere di venire a trovarvi.
    Io non vengo più spesso da voi, ma la prossima volta che passerò chiederò di te per stringerti a mano e ringraziarti dell tue parole.
    Erica

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