lunedì 2 maggio 2016

Di quel che si muore


A volte mi sento così persa, sconsolata, sconfitta da essere incapace di razionalità, lucidità e concretezza. Arranco, mi costa uno sforzo sovrumano compiere anche i gesti più semplici, più indispensabili, più necessari, quelli della quotidianità, quelli da cui non hai scampo, quelli che devi a chi ami ancor più che a te stessa.

Deglutisco migliaia di emozioni, le mando giù a stento con meno di un goccio di saliva, e sospiro cercando un po' di quiete, un po' di sollievo, anche soltanto un poco di tregua, ma spesso crollo, mi accascio e non so porre fine ai singhiozzi e ad una devastazione che non credo di aver mai provato nella mia intera esistenza.

Ieri ho pianto davanti a mia madre, ero riuscita a tenere botta per un mese e mezzo, ma complice la sacralità di una domenica mattina, complice la vita che ferveva nelle scale e fuori dalla finestra, tutto - all'improvviso - è diventato troppo, insostenibile, incalzante al punto da disorientarmi, da farmi perdere ogni residuo di forza, ogni slancio, ogni anelito di resistenza all'incedere che cerco sempre di schivare.

Mi sono sentita chiedere "Perché piangi? Le tue domeniche, i tuoi giorni erano forse migliori di quelli che hai adesso?" e la risposta taciuta in realtà non poteva essere nient'altro che un "No, non lo erano".

Seguo i consigli di chi mi guarda e non sa più che pesci prendere per infondermi coraggio e speranza. Seguo i suggerimenti di chi mi sprona a reagire, di chi mi incita a rassegnarmi a quel che è stato e di vivere con maggior amor proprio ciò che è adesso, di chi mi scuote e mi ricorda di andare avanti, senza fretta, senza affanno, perché l'esito di questi giorni - che sembrano interminabili e sadici quanto una tortura - dovrà categoricamente volgere al mio bene, al ritrovare me stessa, al ricominciare a godere di ogni giorno di vita, ogni istante di bellezza, ogni occasione di serenità.

E' che mi sento persa.

Mi sento privata di ogni illusione, di ogni convincimento che mi portava a credere che io valessi di più, che meritassi di più, che andandomene avrei dato inizio ad una rivoluzione, che aspettando buona buona, lo stupore mi avrebbe risarcita.

Ma non è così, non sarà mai così. E mi ritrovo ad annuire al tarlo che mi ricorda che solo la disperazione mi induceva a credere alle menzogne che mi raccontavo per sopravvivere. La verità è che io non sopportavo, non sopportavo un cazzo di niente di quello che mi toccava ingoiare, ma avevo così paura della paura, paura dell'angoscia, paura della degenerazione, paura di me stessa da rimanere immobile, a testa china, nell'attesa di qualcosa che solo l'amore vero, la volontà e il rispetto della sacralità di un impegno senza firme, ma stretto col sangue, avrebbero potuto cambiare.

E ho imparato che più amore dai, meno varrà quello che offri a due mani. Ho imparato che a donarsi anima e corpo non resta che niente per noi stessi. Ho imparato che una natura egoista si ingozza fino a schifare tutto quello che hai in te e che incessantemente regali. Ho imparato che poi si incomincia a tenere per sé l'entusiasmo. Poi la pazienza. Poi l'ostinarsi a giustificare. Poi il perdono. E infine anche la tolleranza.

Prima mi sono ripresa il corpo.
Poi mi sono ripresa l'ultimo respiro di una dignità dilaniata.
Poi ho gettato la spugna.

Perché di autolesionismo si muore, così come di sadismo, così come di rassegnazione, così come di dolore. E non ci si può ammazzare per chi non conosce il significato di reciprocità, di rispetto: ideali ben più sacri e inviolabili del maledetto Amore.

E vorrei che la mia rabbia non fosse solo la didascalia che accompagna una foto o un post, ma un sentimento vivo, capace di liberarmi, di aprirmi gli occhi, di risarcirmi, di curare ogni singolo squarcio che nessun rimedio sa ancora cicatrizzare, lenire, attenuare, sanare definitivamente.

E non voglio più tollerare altre pene, perché sono disarmata e non voglio più infliggere coltellate per schivarne. Io non voglio il male di nessuno, io voglio solo il mio bene, perchè ho amato anima e corpo, ma adesso devo mettere in atto quell'unica regola di vita sensata che dice:

"AMA TE STESSA SENZA CEDERE MAI, 
SENZA ESITAZIONE, 
FALLO CON TUTTE LE TUE FORZE.
E POI QUELLO CHE AVANZA, 
SE NE AVANZA, DALLO AGLI ALTRI." 


Erica, Maggio 2016

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