sabato 18 giugno 2016

Del centesimo post su Dramas and Cookies



Un momento da ricordare. Un momento in cui fermarsi, prendere fiato, guardarsi attorno e capire che cosa stia succedendo, che cosa sia già successo, che cosa non debba mai più succedere e capire in che cosa potrei impegnarmi per far succedere quello che ancora aspetto.

Un vassoietto di sushi, portato amorevolmente a casa per cena. Io il sushi lo mangio con le bacchette, ma non sono capace di usarle. Ho comperato un pupazzetto che le tiene unite per l'estremità superiore, eppure - nonostante la Lidl si sia messa d'impegno per togliermi almeno una difficoltà -risulto ancora goffa e imbranata davanti ai bei rotolini di riso gustosi e colorati. E quindi partiamo da questa inquadratura: una tavola imbandita, tre adulti intenti a cenare, un cagnetto che scodinzola e bacchette che non vogliono saperne di collaborare con la consumazione del mio pasto.

Parlo con i miei di un nuovo viaggio che mi è stato proposto, questa volta un'avventura on the road in nome di un'Amicizia che da vent'anni è parte della mia vita. Un viaggio in auto, verso Nord, un viaggio per vivere qualcosa che da sempre ci ripromettiamo, ma che le circostanze e le gabbie in cui mi sono voluta rinchiudere non hanno mai reso possibile. Un viaggio che fa parte di quel percorso di liberazione che voglio che mi conduca ad una consapevolezza di me, della quale non mi sono ancora mai saziata in tutta la vita.

Non chiedo mai pareri, non chiedo permessi, solitamente annuncio, a decisioni prese o cazzate fatte, quale sia stato il mio ultimo colpo di testa e metto un po' chi mi capita a tiro con le spalle al muro. Prepotenza? No, giuro, non mi passa nemmeno per l'anticamera del cervello di essere prepotente. E' che o faccio così o rimango immobile nei tentennamenti e nelle insicurezze che mi impediscono di prendere qualsiasi decisione.

Parlando a tavola ho detto al mio papà "Tu cosa ne pensi?" e lui, bonariamente come sempre, ha esordito con la frase più naturale del mondo, parole che mi hanno rifilato uno schiaffone a cinque dita in pieno volto "Ma Erica, hai quasi quarant'anni cosa vuoi che dica io?".
Minchia. 

Puttana eva. 

Ma chi?
Ma come?
Ma che cazzo?!
Quasi quarant'anni.


Ma io non li ho quasi quarant'anni, non posso averli: vi siete sbagliati. Papà, ti hanno fregato, la memoria ti fa cilecca, di sicuro hai preso un granchio. Papà, fai qualcosa, cazzo: io non posso essere ad un passo dal baratro dei q-u-a-r-a-n-t-a.

Da una frase così innocente è nato un dramma personale, perché se questo blog si chiama Dramas and Cookies è evidente che un filo di verità sia contenuta nel nome che ho deciso di attribuirgli. Ecco, allo scoccare dei cento post su questo diario, mica poi tanto segreto, alla soglia dei quaranta, forse è il momento di annotare quello che non ho, perché quando i post saranno duecento ho intenzione di giungere ad un bilancio nettamente diverso e concretamente più positivo.

Io non ho costruito una famiglia mia, ce l'ho messa tutta e ho toppato in pieno, e troppo spesso temo che sia troppo tardi per riprovarci.
Io non ho nessun essere umano da amare come si ama qualcuno che fa battere il cuore, anzi, a stento mi tollero allo specchio, figuriamoci come possa pormi nei confronti di bipedi in genere.
Io non ho un lavoro fisso e continuativo, non ho entrate solide e gratificanti, sebbene della costellazione di lavori che svolgo, non ce n'è uno che non mi appassioni.
Io non ho una casa e quindi non ho ferraglia di chiavi che aprano una serie di portoni e porte che mi conducano ad un angolo di mondo che ho saputo mettere in piedi con le mie mani.
Io non ho un progetto definito da perseguire, perché vivo in funzione del rimettermi in piedi, dell'imparare a non piangere sempre, dello sforzarmi a non lasciare che tutto vada alla deriva. E non è che abbia chissà quante energie avanzate in questo bel periodo da dimenticare.
Io non ho fiducia negli altri, ma ne ripongo solo nella mia famiglia e in una manciata di amici che mi tengo stretta a due mani, forse stringendo persino troppo.
Io non ho solidità e posso solo contare su quella che mi viene offerta senza riserve, in palmo di mano.
Io non ho ancora capito se da certe rovine se ne venga davvero fuori o se si debba fingere per sopravvivere oppure sopportare pazientemente fino a quando il tempo non avrà fatto il suo corso.
Io non so come abbia fatto a mettere nero su bianco questa lista.


Stamattina, mentre Bloodino mi portava a passeggio ho guardato i necrologi e, davanti all'edicola sulla via per Desio, ho sentito una lacrima rigarmi il viso all'idea di me sola, con nessuno al mio funerale, con nessuno che si premurasse di dire "La stronza è schiattata".
E mi sono sentita sollevata, alleggerita, confortata. Perché lo stesso pensiero io l'avevo visto al cinema, perdendomi nel destino favoloso di  Amélie Poulain. E - sebbene lei fosse drasticamente più giovane - la sua vita, all'improvviso è cambiata, complici una serie di mirabolanti avventure nelle quali ha deciso di imbattersi, ostinarsi e crederci.

Otis Redding cantava, gridava e straziava con la sua I've got dreams to remember. Ecco, io, forse sto ricominciando a ricordare i sogni che avevo, quei sogni che ho dovuto, che ho voluto scagliare via lontano perché troppo impegnativi, perché troppo grandi, perché incompatibili con le pretese di ciò in cui avevo deciso di imbattermi.

I sogni che ho maltrattato, ad uno ad uno, mi stanno perdonando e mi stanno restituendo della consapevolezza, della nostalgia buona che mi infonde desiderio di non lasciare che tutto resti incompiuto.

Ballerò sola ancora a lungo, quel voltastomaco inflitto dal genere umano non fa che incedere giorno dopo giorno, ma non è detto che intanto io non possa almeno godermi la musica, fantasticare su quel che vedo sfrecciando per la strada, nutrirmi di quell'universo di dettagli in cui i miei occhi sanno perdersi, Per continuare a raccontare, perché almeno l'amore per lo scrivere, nessuno è mai riuscito a comprometterlo.

Non è un bilancio positivo e prenderne atto è una coltellata, ma non lo stilo nella disperazione delle menzogne, ma nella consapevolezza di aver scelto di essere libera.

Milvina Drama Queen, Erica: 100 post e quasi 40 anni.
Ma col cavolo che li dimostro, dai!

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