domenica 11 settembre 2016

Degli insegnamenti e dell'adeguatezza

Mi sono concessa un lusso.

E prima di scegliere di osare e concedermelo, a brutto muso, mi sono ricordata di mia nonna Isabella, dei lunghi anni trascorsi tra solitudine e infermità, sebbene fosse circondata da un mezzo paesino che aveva la buona abitudine di affacciarsi alla sua porta. E sebbene non le siano mai mancate le cure di mia zia. 
Nonostante faticasse a stare in piedi e camminare fosse un trascinarsi, reggendosi ai mobili e ad appoggi di fortuna, la sua condizione non le impediva, di tanto in tanto, di decidere di regalarsi qualcosa di buono da mangiare. I piatti da convivio, quelli della tradizione destinati alle tavolate rumorose, diventavano una monoporzione casalinga che semplicemente era qualcosa di buono e non c'era alcun motivo per negarselo.
Prendeva un pugnetto di farina, lo impastava con l'acqua che serviva e ne ricavava un panetto piccino, dal quale prendeva dei pizzichi di impasto e li filava con un ferro. Un'esperta di uncinetto sa sempre contare, e lei contava i suoi pochi filatelli, compiaciuta del fatto che sarebbero stati sufficienti per il suo scarso appetito e il sugo borbottante che preparava in un pentolino piccino, buono per un paio di piatti ben conditi.

Oggi ho preso un pugnetto di manitoba anch'io, l'ho miscelato alla semola rimacinata, alla farina di riso, a poche scaglie di lievito e mi sono preparata una pizza. Uno schifo di pizza, per l'esattezza. Uno scempio lievitato alla perfezione, maltrattato da una passata di pomodoro deplorevole, da ciliegine di mozzarella grossolane e gommose e dalla mia fame chimica, privata di ogni poesia già al primo morso.

Ho imparato che devo assecondare i miei bisogni, così come le mie voglie, ho imparato che sebbene la condivisione sia uno degli ingredienti fondamentali per la riuscita di un desinaretto alla Petronilla, così come accade per molte delle piacevolezze della vita, anche la solitudine meriti attenzione e premure, forse persino maggiori. E io ho energie per me stessa soltanto. Cagnolino escluso, perché è a Bodibò che devo ogni slancio e anelito di felicità.

Non scrivo di me con la stessa frequenza con cui la disperazione mi chiedeva che la esprimessi e la liberassi dal petto tempo fa. Il meccanismo è semplice: meno mi dispero, meno ci penso.

È che da un mese a questa parte mi piace dar voce a quello che osservo nelle avventure che vive il mio piccolo migliore Amico. Mi rasserena raccontare storie semplici, senza pretese, fatte di ingenuità e parole inventate. Ecco, quando scrivo di lui, è come se a digitare fossero le sue zampette e questa modalità di sfogo mi conforta. Scrivo frequentemente e lo faccio rivolgendomi ad un gruppo ristretto di occhi, i quali mi dedicano sguardi benevoli e parole sempre incoraggianti.

Ma trascurare queste pagine - fatte di luce, vita che fu e caratteri scuri - mi rattrista, mi immagonisce e acuisce il senso di colpa così già ben pasciuto da parte delle mie insicurezze.

È che questa sera avevo bisogno di fermare un paio di insegnamenti, affinché non venissero dimenticati, affinché non si perdessero tra gli affanni e le ossessioni, perché ho iniziato la mia opera di ricostruzione e non voglio tradire l'impegno d'Amore che ho preso con me stessa.

Dare il giusto peso ai ricordi, distinguendo nitidamente ciò che viene impreziosito dalla mancanza da ciò che realmente è stato. 

Comprendere quando e come si sia venuta a creare quella frattura nella mia emotività che mi impedisce di compiere quei gesti indispensabili e necessari per liberarmi del passato, dei fantasmi e della paura.

Mi sono scattata una foto prima di rimuovere il trucco, prima di controllare allo specchio quante lacrime avessero passato l'esame del mio makeup resistente all'acqua, prima di cedere e svelare così, alle luci dello specchio del bagno, il mio pianto durato ore, un pianto che trattenevo da troppi mesi, complice un'ostinazione volta a ricominciare che non ha precedenti in tutta la mia esistenza.

E non si vedeva nulla.
Perché è solo una questione di inquadrature adeguate, distanze adeguate, intenzioni adeguate.

Non ho progetti, se non un paio di tappe immense dal cui raggiungimento sono ancora ben lontana.

Ho firmato un nuovo contratto e scriverò ancora di piu. Fortunatamente. Mi verranno inviate delle traduzioni e riprenderò con le lezioni. Non è ancora abbastanza per garantirmi indipendenza spensierata e frivolezza, ma questo inizio di settembre ha saputo infondermi speranza e coraggio.

Adesso vorrei imparare a vedermi sempre sfacciata e sicura, e non più definita e descritta dalla mortificazione.

Coraggio.
E faccia tosta.
E qualcuno cui affidarmi.
E qualcosa in cui perdermi.
E qualcosa in cui credere.
Adesso non chiedo altro.



Nessun commento:

Posta un commento