mercoledì 18 novembre 2015

Di Facebook e degli attentati a Parigi

Lezioni di vita, di storia, di diplomazia, di diritto internazionale e persino di letteratura. Respiro profondamente e lascio correre.

Poi ci ripensano, si scordano forse.

E allora un cucciolo, una tetta, una torta, un culo, un make up alla Moira Orfei ben riuscito per il sabato sera, un belloccio, una frase di Volo, il milanese imbruttito, la bandierina francese, un paio di bambini decapitati o mutilati, un cane in brandelli, una canzoncina strappalacrime e di nuovo copiose pillole di saggezza, moniti paternalistici che rimbombano come scappellotti sulla nuca senza preavviso.

Poi mettono in ridicolo chi gli capita a tiro.
 Poi ci vuole un selfie.
 E anche se mi prudono le mani, preferisco giocare a far finta di niente.

 Poi una frase da dedicare all'amorino di turno, una per l'ex bastardo, una tureifel, un anatema contro l'amica di merda, un tramonto per l'amica più amica yeah che ci sia, simbolino della pace, taaac, e poi nuove sentenze in bilico tra il profetico, lo psicotico di massa e l'intimidatorio.

 Alcuni li prenderei a schiaffi, altri a capate, altri ancora li manderei prima a Parigi, poi a Beirut, ma anche di notte, in pigiama, alla stazione centrale. Perché non è possibile dedicarsi anima e corpo al qualunquismo, alle frasi fatte, alla pace di massa che fa più schifo della guerra a ogni costo.

 Il tutto il cinque minuti di Facebook. 

Mi scappa un fanculino.
Anche un va cagher.
Umanità, oggi non ce la posso fare.

Nessun commento:

Posta un commento