lunedì 26 ottobre 2015

Del 26 Ottobre 2011

Come se esistesse ancora "unaerica"




Probabilmente sto ascoltando la canzone sbagliata, uno di quei pezzi sprecati ed elargiti a vuoto che meritano di essere riabilitati pazientemente, perché la musica non si butta via, la musica lascia che i sentimenti prendano forma e sostanza e non la si può maltrattare. Mai.

Probabilmente mi manca il lago, mi manca il tè bollente preso nel bar all’angolo, gli appunti presi in piazza Duomo, le parole al parco che non volevo dimenticare mentre guidavo e mi manca la ripetitività di quelle abitudini che mi spiace tanto aver perso. Mi mancano le annotazioni che facevo su foglietti improvvisati dai quali, una volta tornata a casa, nascevano descrizioni e condivisioni più elaborate che si trasformavano in giorni da offrire a chi avesse avuto voglia di leggerli. E mi manca la libertà del condividere forme più o meno intense di intimità sapendo che quel che ho appena liberato dai  silenzi, verrà accolto dagli occhi e dall'affetto di anime amiche.

Probabilmente il bisogno di scrivere, a volte, ritorna così prepotentemente da non poter essere ignorato e, a volte, non avere più il mio diario, seppur elettrico, è una mutilazione e non soltanto una mancanza, ma io so di non essere più costante, so di non sapere più dare continuità ad un progetto. O forse non è così. Probabilmente è l’ennesima fissa che inchiodo alle tempie.

Probabilmente nelle ultime settimane sono successe davvero tante cose e a volte mi sembra che il tempo trascorra troppo velocemente, che scivoli via dalle mani come un foulard leggero che cade nell'acqua senza che tu possa recuperarlo, senza che tu possa anche solo accorgerti di quello che sta accadendo. Non saper fermare il tempo mi stordisce, come se stessi trascurando qualcosa, qualcosa che unisce gli occhi alle mani, le mani ai respiri e i respiri di nuovo agli occhi,come se tanto l’assenza di pensieri a forma di frasi  quanto la parsimonia di espressioni fossero innaturali e forzate. 

Probabilmente non intrecciare attimi e momenti alle parole mi fa sentire senza un braccio, anche se in fondo, posso solo ipotizzare come sia non averne uno per davvero. Io so solo come si sta senza un pezzo di pancia, e alla fine ci si abitua, non sconvolge, incasina, ma non sancisce alcuna fine. Certo, la vita cambia, ma non termina e a distanza di anni sai bene che occorrono solo abitudine, indulgenza e tolleranza per avere a che fare con ciò che in realtà non accetti di buon grado.

Probabilmente non mi aspettavo di ricominciare a sentire una luce interiore e di sorridere senza remore o sensi di colpa. Probabilmente mi piace inciampare nei colori che ho cercato di negarmi così a lungo e probabilmente adoro scoprirne di nuovi quotidianamente. Probabilmente dovevo aspettare di ritrovarmi a vivere qualcosa di veramente bello, cercandolo, desiderandolo, e sono felice di averlo fatto. Probabilmente, però, porto sottopelle delle cicatrici che ancora devono guarire e che a volte non sono in grado di curare. Probabilmente le sensazioni di inadeguatezza e il terrore dell’abbandono, la paralisi inflitta dal temere di non essere mai abbastanza e di essere fin troppo oppure di essere più di quanto serva, appesantiscono le ali dell’anima che invece vorrei semplicemente spiegare senza paura. 

Quanto male si infligge senza nemmeno rendersene conto, quanto male ho permesso che mi venisse inflitto abbassando lo sguardo, sospirando, ingoiando, come se non ci fossero state più speranze o alternative. Quanto detesto quelle forme di fragilità che hanno condizionato le mie scelte e i miei gesti per così tanti anni. Probabilmente sono nel mezzo di un conflitto con me stessa per aver permesso di essere rasa al suolo, umiliata, usata, scagliata via lontano e ignorata nel momento di maggior bisogno o quando ciò che mi sentivo di dare era assolutamente sconfinato. E detesto i miei stessi silenzi, detesto quel nodo alla gola che torna improvvisamente e mi paralizza, mi blocca, mi spegne, anche ora che gli occhi in cui mi perdo sono limpidi e sinceri, anche ora che potrebbe essere tutto come semplicemente è: vero. E a volte vorrei non avere così tanto da gestire, vorrei non essere tutto quel che sono. Però, probabilmente, imparo dagli sbagli e nonostante tutto cerco anche di seguire i consigli sussurrati dalla spontaneità, dall'entusiasmo, dal bisogno sia di rinascere interiormente che da quello di continuare a proseguire, nonostante le strade dissestate, quelle fatte saltare in aria, quelle allagate, quelle fiorite e quelle che portano dritte ai colori ipnotici dei tramonti. E per una volta mi sento di non sbagliare e di non aver sbagliato. Per una volta ho cura di me perché ho permesso al cuore, e a lui soltanto, di guidarmi e di convincermi a lasciarmi andare. Mi sono ricordata di osare sempre, mi sono ricordata di non retrocedere e ho permesso che dalle difficoltà venissero finalmente raggiunte le stelle.

Probabilmente sono cambiata ed è cambiata la mia interiorità. Probabilmente sono sempre la stessa, nonostante i cambiamenti, gli sconvolgimenti, la routine e le novità.

Probabilmente sentire tra le braccia la mia Pipola a peso morto aspettando che si svegliasse dall’anestesia, spaventarmi e ritrovarmi in lacrime all’idea di perderla, inevitabilmente, un giorno, mi ha ricordato quanto siano preziosi quei rari Amori che abbiamo la fortuna di vivere. E io li voglio vivere senza riserve.

”La mia bocca vuole vivere!
La mia mano vuole vivere!
Ora, in questo momento!
Il mio corpo vuole vivere!
La mia vita vuole vivere!”

E’ un pomeriggio di fine ottobre. Sulla scrivania c’è il manuale che ho trascurato un po’ questo pomeriggio, ma ho ancora la sera e qualche ora della notte per lo studio. Una candela brucia piano e si fa guardare, la sua fiammella non danza, ma scalda e profuma. Pipola è in cucina e sta meglio e assapora le carezze così come i bacini, indugia nella tenerezza delle coccole così come nella tranquillità della sua casa. Nei miei pensieri e nel mio cuore  c'è qualcuno che merita tutto il buono che c'è in me. Tra le mani ci sono crini sottili fatti di emozioni e sorprese, miracoli e gesti indimenticabili, ricordi e sogni da raggiungere e rendere realtà. Penso alla mia tesi, al fatto che forse, per la prima volta nella vita, devo avere cura tanto dei miei talenti quanto del mio valore. E devo fare chiarezza, e devo lasciare andare i pesi inutili e superflui, e devo avere cura di chi, sorridendo, senza sforzo o sacrificio, ha così cura di me. E se devo, è solo perché lo voglio.

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