Mi sveglio presto, anche prima delle cinque e lo faccio - involontariamente - da tempo ormai. Al mio corpo non interessa che sia un giorno di lavoro oppure un giorno di festa, se pretende che io mi svegli, non posso fare nient'altro che accondiscendere e rassegnarmi. Non che sia una modalità che io sappia accettare di buon grado, ma cerco almeno di non soffrire fino a rasentare la pena, perchè
non avrebbe senso consentire qualsiasi forma di accanimento, anche quella della mancanza di sonno sufficiente.
Ci sono i pensieri che mi rosicchiano l'anima quasi fossi tarlata. Ci sono preoccupazioni che sembrano ingigantirsi a dismisura e alcune volte mi soffocano, altre volte mi sfiniscono, altre volte arrivano e se ne vanno distrattamente. Poi ci sono anche le aspettative che mi rendono trepidante e che vorrei già poter stringere tra le mani.
Infine ci sono le mancanze, quelle oggettive e fisiologiche, quelle che solo la pazienza potrà ammansire e il tempo - semmai - compensare.
Domenica mattina la sveglia è stata improvvisa - e immotivata - ben prima delle cinque.
Ero spaventata all'idea di trascorrere una giornata vuota, trascinandomi per casa in modo inconcludente. In fondo, si trattava pur sempre dell' unico giorno senza lavoro della settimana. Ma poi ho avuto un'intuizione, mi sono presa di coraggio e, in compagnia del mio fido bestiolino, ho deciso di sfidare il freddo e l'orario proibitivo e ho guidato fino a Colico:
ho guidato fino a Casa.
Poche ore. Ore intense, rigeneranti, salvifiche.
Momenti fatti di Bloodino libero di correre sulla spiaggia, tra sassi, conchiglie e legni portati a riva dal lago.
Momenti trascorsi a godere della fiducia che sono riuscita a costruire con quel cagnolino confuso, disorientato, che meno di un anno fa coglieva ogni occasione per scappare. Momenti in cui perdermi nel sole che accendeva di tepore lo specchio d'acqua che cinicamente fingeva di non essere gelido.
Momenti in cui godere della solitudine, del privilegio di non dover rendere conto a nessuno, della grazia di non dover subire più - mai più - nessuno.
Dibò me l'ha fatta davvero grossa quando, preso dall'estasi che la libertà senza guinzaglio infonde, si è lanciato senza remore nel lago cacciando un gruppo di papere, uscendone subito dopo stranito, congelato, tremante. Un soccorso di emergenza fatto della mia sciarpa che gli frizionava il pelo, carezze per capire quanto fosse inzuppato e quanto invece congelato, un asciugacapelli a disposizione a soli 10 minuti di macchina, ringraziando chi di dovere in Cielo.
E poi l'allegria per aver trascorso insieme alcune ore in un silenzio surreale, ovattato da gelo e una spolverata di neve, tra erba che scricchiola e si spezza sotto i piedi, una manciata di croccantini golosi in tasca, un tè caldo ben riposto in un thermos e sei gradi al di sotto dello zero a pizzicarmi in viso.
I paesaggi sono sempre quelli, così come lo sono i luoghi, eppure,
per ritrovare me stessa e per dare voce a quello che accartoccio e nascondo nella pancia, mi capita sempre più spesso di cercare i miei luoghi sicuri, quelli che mi confortano e mi infondono energia. E domenica ne ho ritrovati molti. E mi sono sentita bene.
E poi un hamburger per me e uno per Bodibò, un pisolino vicini, una leggerezza al cuore che ieri mattina continuava a canticchiare leggera e spensierata, perchè
ci sono forme di benessere autentiche, che sanno fare per bene il loro lavoro.