domenica 13 settembre 2015

Dell'agenda e della stanza da sistemare



E' una domenica mattina di buoni propositi, di riposo sufficiente addosso e di casa appena pulita dalla signora che ogni quindici giorni viene a darci una mano. E' una mattina in cui mi ritrovo ad osservare quella stanza da rendere un po' più mia, quella stanza da ottimizzare per salvare occhi, schiena, ordine, pratiche, materiali e concentrazione, perché - a distanza di un anno dal makeover di casa - soffre ancora di una pigra negligenza che le infliggiamo, di troppi "Poi lo faccio", "Sì mettilo lì", "Poi vediamo"; quella stanza risente della connotazione di sgabuzzino dove appoggiare di tutto senza troppe esitazioni, quella povera stanza cui abbiamo inflitto una quiete statica che non la rende utile, necessaria, indispensabile come adesso invece accade, all'improvviso.

Sorseggio un caffè che si è già mezzo raffreddato e penso a quanto si stia intrecciando in questo periodo, a quanta vita sia esplosa nel giro di poche ore, a quante sfide io abbia detto "Dai, ci sto!", a quanto poco sia bastato per tornare in me, tornare alla consapevolezza, tornare alla speranza e soprattutto all'amor proprio. Il ricordo di tutto quello che sembrava essere andato irrimediabilmente a rotoli sembra essersi fatto da parte, ma a volte mi sento come se i segni che ho addosso fossero fin troppo vivi e pulsanti, crudeli e dispettosi, ma non voglio fissarmi su quelle sensazioni che è giusto che vengano accantonate, voglio solo che tutto sia, che tutto vada come deve andare, che tuto prenda la forma che mi aspetto di saper plasmare.

L'agenda è così fitta di appunti da perdercisi: note in rosso, note in nero, note sottolineate, note che mi segno anche se non serve a niente farlo, note decontestualizzate attorno alle quali fantasticare, note che non vanno rimandate, note che andrebbero tatuate sul palmo della mano così da non perderle mai di vista.

Ed è bello.
Mi piace.
Mi fa bene.
Mi infonde allegria.


Il mio cagnolino sonnecchia sul divano, ogni tanto apre un occhietto ed è come se mi chiedesse se sia finalmente giunta l'ora, ma dalle finestre aperte entra uno scroscio d'acqua prepotente e entrambi sappiamo che uscendo ci infliggeremmo una doccia tutt'altro che produttiva, soprattutto considerando che il bel puzzone nero con le orecchie grandi e gommose, si è dimostrato in svariate occasioni allergico alla pulizia e all'igiene, quella che viene offerta gratis cadendo dal cielo compresa.

Ieri era il compleanno del mio papà  e sebbene fosse lui il festeggiato, anche io ho ricevuto un regalo prezioso e insperato: una bella foto con Bloody. Ed è bello questo promemoria di affetto, ed è dolce accorgermi di quanto siamo carini noi due insieme.

Ho spostato la pianta di basilico - che sopravvive al mio pollice nero da più di due mesi - affinché goda della pioggia.
Mi sono arrabbiata per una tovaglia e sto aspettando il biker al varco.
Osservo una mela e qualcosa mi tormenta: mi ossessiona il pensiero che quella palla rossa possa diventare una torta.
Sto ascoltando la messa e non ho mica capito il perché.
Sento freddo, nonostante indossi una felpa di M. calda e spessa e dei pantaloni della tuta da combattimento.



Forse dovrei portarmi avanti e stirare.
Forse dovrei lanciarmi sul divano e appisolarmi davanti alla tv accesa a vuoto.

Song of the day: The Velvet Underground – Sunday Morning

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